di Giuseppe Maria Silvio Ierace
Alla cultura umana, a volte, può tornar comodo far ricorso alle leggende e in questo modo può avere un senso riferire la strutturazione dei tarocchi ad una ricostruzione cabalistica basata sulla conoscenza esoterica tramandata oralmente, oppure attribuendone la paternità ad illustrazioni di quell’unico libro scampato all’incendio della fastosa biblioteca d’Alessandria d’Egitto o lungamente rielaborato dai pitagorici, dagli gnostici e dagli alchimisti. Ma, quali che siano stati in origine i tarocchi, le immagini ivi rappresentate sono simboli delle mitologie di molti popoli, spesso riprodotti in maniera simile, in quanto le radici stesse dei miti affondano nelle profondità dell’inconscio, sconfinati abissi che stanno al di là dello spazio e del tempo, senza confini, né barriere.
Etimologia
La parola Tarot potrebbe essere egizia (tar significa sentiero, via, rog sta per regio), ma anche sanscrita (tat tutto, oppure tar-o stella), latina (rota, ruota, orat parla), indo-tartara (tan-tara, zodiaco), ebraica (tora, legge), cinese (tao, principio). Le immagini dei tarocchi sono usate dagli iniziati come strumento di meditazione e ricerca spirituale e come mezzo per poter elevare la propria coscienza e ampliare la conoscenza esoterica, sino ad arrivare a riacquistare l’occulto potere dei simboli corrispondenti ai segni illustrati. Ogni immagine racchiude, oltre ad una storia, dei significati e dei riferimenti archetipici, provenienti dall’inconscio collettivo. Lo stesso esoterismo dei tarocchi, poi, è basato non solo sulla conoscenza dei simboli, ma anche sull’intuizione degli intrinseci valori attribuibili alle carte. Nel corso dei secoli, mano a mano che gli arcani maggiori dei tarocchi venivano disegnati da nuovi autori, nelle illustrazioni vennero inseriti elementi diversi, che fungono da riferimenti mitologici o citazioni storiche precise.
Albero della Vita
In cima all’Asso di Coppe un cerchio con nove punti forma l’ennagono iniziatico musulmano; sul cranio dello scheletro (XIII) sono inscritte le lettere ebraiche che compongono il tetragrammaton; sul petto dell’Appeso le dieci Sephirot dell’Albero della Vita. Per far combaciare i tarocchi con le ventidue vie dell’Albero della Vita, che uniscono le dieci sephiroth della tradizione cabalistica, Waite scambia il numero VIII de La Giustizia con il numero XI de La Forza, e trasforma L’Innamorato in Gli Amanti. Nei tarocchi del Mantegnaa la sesta Lama, invece che riferirsi alle fatiche di Ercole, come avveniva comunemente, illustra la leggenda del giudizio di Paride, nel mentre è indeciso sulla scelta tra Era, Atena e Afrodite, con ciò accentuando ancora di più il senso della minuziosa revisione delle iniziative da prendere, e consigliando maggiori attenzioni nell’assumere delle improrogabili decisioni. Aleister Crowley cambia i nomi, i disegni e l’ordine delle carte. La Giustizia diventa il Giudizio, la Temperanza l’Arte, Il Giudizio Eone, Paggi e Cavalieri Principi e Principesse.
Daemon est deus inversus
Nel restaurare un antico mazzo di tarocchi di Besançon, Alejandro Jodorowsky, che con Marianne Costa ha firmato La Via dei Tarocchi, ha posto in evidenza come i dadi del Mago mostrino i numeri 1 e 5, con riferimento alla carta del Diavolo (XV), e celano invece il 2 e il 6, equivalenti all’insieme delle lettere che compongono il nome di Dio. Il Demonio si manifesta allora come una maschera di Dio (Daemon est deus inversus), che di dadi ne possiede tre, per un totale numerico di 7, il cui prodotto (XXI) è il Mondo. Nella XV Lama dei Tarocchi di Aor, al posto del Diavolo, Schwaller de Lubicz disegna Tiphon; l’immagine raffigurata nel triangolo superiore è Seth, il distruttore, simbolo del Chaos della materia, neter della separazione e della dualità; al rovescio invece sta Osiride, neter dell’ordine cosmico, e del rinnovamento ciclico del divenire.
Se non è demoniaca, la simmetria è quanto meno profana. L’anatomia infatti non segue le leggi della simmetria: a destra il polmone ha tre lobi, e a sinistra due. I tarocchi si adeguano a questa sacra asimmetria, mantenendola anche con minuscoli dettagli, facendo sempre differire i lati, il sopra e il sotto. Ad esempio, il dieci di denari, che a prima vista potrebbe sembrare perfettamente simmetrico, nell’angolo inferiore di destra presenta un denaro con inscritti un numero di petali inferiore, undici invece di dodici.
Per conoscere sempre più intimamente il mazzo di Besançon, Jodorowsky ha familiarizzato con ogni singola carta; ha completato i disegni che escono dalla cornice, immaginando da dove potesse discendere il velo della Papessa, cosa nascondesse fra le mani l’Appeso, a chi appartenessero le teste mozzate dell’Arcano XIII, quali fossero gli argini e il letto del fiume alimentato dalla donna della Stella, oppure dando un corpo intero agli accoliti del Papa, o ancora prolungando il tavolino del Mago fino a trovare la quarta gamba nell’invisibile.
Incantato, Jodorowsky si è soffermato sulla perfezione delle relazioni interne delle carte e sulla loro unità geometrica, notando come da ogni dettaglio, per quanto piccolo, partano delle linee di congiunzione in direzione di tutte quante le altre carte. Il mazzo dei tarocchi lo vede come un Mandala, una rappresentazione cioè del divino; in forma rotonda ne rafforza l’idea di integrità naturale, in forma quadrata ne stimola la presa di coscienza. Contemplarlo nel suo insieme suscita istanti di illuminazione. Disporre le carte equivale perciò a costruire un tempio, che a sua volta sintetizza il momento creativo dell’universo e il riordino delle parti disperse e disgregate dall’esplosione del mondo. Osiride, mutilato e squartato da Seth, viene da Iside ricomposto come in una rivelazione iniziatica.
Tan-tara, zodiaco
A seconda dei vari studiosi, gli arcani maggiori dei tarocchi sono stati ricollegati al simbolismo duodecimale dello zodiaco, a quello settenario planetario e al quaternario degli elementi, non sempre comunque in maniera specifica, né sempre in modo conforme ai diversi punti di vista presi in considerazione, ma per lo più secondo uno schema comprensibile all’occhio interiore dell’intuizione.
I quattro elementi si ritrovano nella carta del Matto (l’Aria), l’Acqua nella XII, il Fuoco nella XX, la Terra nella XXI, che però va riferita anche al pianeta Saturno. Il Mago rappresenta Mercurio, ma anche il segno zodiacale del Toro (al quale può rimandarsi pure la carta del Gerofante, oltre che all’Ariete). La Luna e Venere sono rispettivamente la Sacerdotessa e l’Imperatrice, che insieme possono rappresentare la Vergine, presente anche nella VIII, IX e XI lama. La decima, la Ruota della fortuna, può simboleggiare Giove, ma anche il Capricorno, rappresentato pure dal Diavolo della XV carta. La Torre si riferisce al pianeta Marte e al segno zodiacale dello Scorpione, richiamato anche dalla XIII Lama. L’Ariete si ritrova ancora nell’arcano dell’Imperatore, il Cancro nella carta del Carro trionfale (VII), ma anche nella XVIII (la Luna), riferibile pure ai Pesci, come la XVII (Le stelle), che richiama l’Acquario. L’VIII è anche la Bilancia, così come l’XI raffigura pure il Leone. Il Sagittario si ritrova sia nella carta della Temperanza (XIV), che nella VI, gli Amanti, riferibile pure ai Gemelli, espressi ancora nella lama del Sole (XIX).
Castore e Polluce
Questa diciannovesima lama dei Tarocchi, collegata alla lettera ebraica Resch, raffigura due personaggi che si abbracciano teneramente, così come appariva rappresentata, nel XVIII secolo, secondo la testimonianza de Les Etoiles di Camille Flammarion, nel trattato di astronomia di re Alfonso X. Il terzo segno dello zodiaco, per i babilonesi corrispondeva al “mese dei mattoni”, costituenti il muro multicolore sullo sfondo del quale si abbracciano Castore e Polluce.
Il mese dei Gemelli porta ai giorni più lunghi e quindi manifesta il trionfo della luce, in quanto il Sole dei Gemelli, al contrario di quello del Leone, è essenzialmente vivificatore. Rappresenta il signore del nuovo Eone, della luce, della vita, della libertà, dell’amore. La completa emancipazione della razza umana. Il cerchio o il globo verde richiama la terra fertile, ma la presenza della parete indica che il nuovo Eone non conduce necessariamente all’assenza di controllo e di giudizio. I Gemelli vengono mostrati nel mentre danzano fuori dal muro, perché rappresentano il nuovo stadio della storia umana, lo stadio della libertà completa dalle restrizioni imposte da concezioni come quelle di peccati e di morte. I gemelli, bambini, aleggiano come lievi farfalle tra gli altri segni dello zodiaco per indicare le diverse Case attraverso cui passa il sole nel corso dell’anno.
Gli Amanti
Il segno astrologico dei gemelli viene riferito anche al VI arcano maggiore, definito L’Innamorato, o Gli Amanti, comunemente contrassegnato con la lettera ebraica Zain, come la XIX lama; simboleggia l’avvicinamento dell’uomo ai misteri del mondo e della vita. Sostanzialmente, la sesta carta va interpretata su di un piano alchemico, illustrando le nozze chimiche, il matrimonio spirituale, l’unione dei due opposti: principe e principessa che tengono l’uno il bastone, l’altra la coppa, i due emblemi della maschilità e della femminilità: Lilith ed Eva, Caino e Abele. Questi rappresentano, forse il rifiuto di Dio di udire i figli dell’uomo, finché sangue non viene versato; simbolismo della religione esterna che Caino poté aver formato con i suoi seguaci e compagni, con la donazione della scienza al genere umano. Infatti, il significato della carta è quello di un’analisi (assassinio, divisione, discriminazione), seguita dalla conseguente sintesi (congiunzione, procreazione).
Le Spade che compaiono sullo sfondo, nei disegni delle Thot Tarot Cards di Aleister Crowley, eseguiti da Frieda Harris, continuano a suggerire, contribuendo a rafforzarla, l’idea del processo di divisione mentale che effettivamente ha luogo prima dell’inizio del meccanismo del pensiero, terminando poi nell’intelletto in una unione dei due elementi. La figura rappresentativa del creatore benedice questa sintesi deliberata. In basso, sul fondo, stanno l’alchemica Aquila bianca del Sale e quella rossa dello Zolfo, l’uovo della saggezza e il bastone alato di Osiride.
Sagittario
L’arco e la freccia del cupido vengono ripresi dal segno zodiacale del Sagittario, il terzo dei segni di fuoco e nono dello zodiaco, mentre la carta è sesta degli arcani (96/69, Cancro). Dal punto di vista cabalistico, il Sagittario corrisponde ancora alla lettera Sameck con valore numerico 15 (1+5=6). La spiegazione mitologica vuole che l’innamorato di questa carta sia Ercole, l’iniziato, o meglio l’iniziando, che deve scegliere tra due donne, una casta e una viziosa, mentre il cupido sarebbe stato in origine il centauro Chirone, suo maestro virtuoso, assunto da Giove in cielo sotto forma di costellazione, appunto quella del Sagittario.
Lo Sposalizio della Vergine
Negli antichi Tarocchi di Marsiglia, quelli stampati da Grimaud, la sesta carta, l’Amoureux, rappresenta un uomo e una donna che stanno per unirsi in matrimonio, mentre al centro un sacerdote pronuncia le frasi di rito, come negli affreschi tardo-gotici dello “sposalizio della vergine”. Dal punto di vista esoterico, rappresenta il primo impatto con la realtà delle cose: è la carta dell’incontro con l’iniziatore (ovvero, specularmente, anche quello con l’iniziando), l’arcano della conoscenza, che negli antichi testi biblici veniva usata con un esplicito significato sessuale. Adamo divenne consapevole delle sue potenzialità creative, che lo rendevano simile a Dio (Et eritis sicut Dii, scientes bonum et malum), dopo aver mangiato, assimilato, provato la mela mostratagli da Eva e offerta alla sua esplorazione come il frutto che più d’ogni altro richiama gli organi sessuali femminili.
L’insegnamento gnostico del serpente della Genesi fu quello che il sesso è la “cosa” fondamentale: la vita esiste grazie al sesso e scompare nel sesso. La differenza e l’unione creano e distruggono ad un tempo, a seconda dell’operazione che con esse si vuole svolgere; sesso e morte possono essere farmaco e veleno, annullamento e resurrezione.
La scena della sesta carta rappresenta un giovine biondo, efebico, rivestito con i colori dell’energia, del coraggio, della vitalità passiva e del languore (rosso, giallo, verde), il quale con le mani incrociate sul petto e lo sguardo basso, medita indeciso tra due donne. Una di esse, a sinistra, è scalza, discinta, con fiori tra i capelli e indosso i colori esoterici della materialità e vitalità carnale (giallo e rosso). L’altra ragazza, alla sua destra (il che starebbe ad indicare attività) porta una coroncina in testa, come l’immagine che raffigura la Papessa e l’Imperatrice (III e IV carta dei Tarocchi) ed è vestita con i panni della spiritualità (azzurro). Gli stessi colori attorniano il biondo, alato angioletto, pronto a scoccare una freccia rivolta verso la testa del giovine. Le due donne rappresentano l’eterno conflitto tra il prevalere della parte più ragionevole e razionale e la parte più animalesca che sta in noi; vizio e virtù, amor sacro e amor profano, istinto e spiritualità, lo stesso conflitto di Eros e Agape insito nella simbologia del centauro, il segno astrologico del Sagittario; la metà umana tende ad elevarsi, eretta verso l’alto, pur essendo trattenuta in questo suo sviluppo dalla parte equina.
Come la parte animale del Sagittario ci trattiene ancorati alla materia, in quanto non del tutto pronti a ricongiungerci al divino (sezione rappresentativa della divisione che è in noi e dell’analisi alla quale ci dobbiamo sottoporre), così nell’amore, espressione di sintesi, devono coesistere desideri fisici e non solo spirituali, per ricomporre l’unione perfetta suggerita dall’inconscia utopia androgina, quella di due amanti che si desiderano sessualmente, oltre che intellettualmente, sino a congiungersi in un unico essere.
La Temperanza
Nel XIV arcano, quello dell’Arte o della Temperanza, attribuibile anch’esso al segno zodiacale del Sagittario e alla lettera ebraica Sameck, nonché seconda carta alchemica, gli amanti della VI lama sono ormai reintegrati nell’uomo cosmico, una figura androgina, che nelle carte di Crowley è costituita dal Principe bianco e dalla Principessa nera. Una torcia illumina la coppa della ricettività, ormai divenuta un crogiuolo, con inciso un corvo che sta su di un teschio, contenente gli elementi in fermento, le cui bolle iridescenti sono riflesse dai colori dell’arcobaleno. Il tutto sta a rappresentare la distruzione di due elementi alla nascita di un terzo.
L’iscrizione che appare sull’iride della XIV carta disegnata da Frieda Harris è d’ordine strettamente alchemico: Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum Lapidem. Il fine più elevato dell’alchimia è l’emozione artistica del cambiamento, la trasmutazione degli oggetti, qualità, colori, ecc., nei loro opposti. Così, in questo quattordicesimo arcano il Leone rosso è divenuto bianco, l’Aquila bianca è diventata rossa e i personaggi principali, bianchi e neri, si sono scambiati i loro colori iniziali, fondendosi in una figura ermafrodita sviluppatasi dalla comunione mistica auspicata nell’unione della VI carta.
Rectificando
La XIV lama raffigura l’avvenuta consumazione delle nozze reali; l’arcobaleno simbolizza un altro stadio del processo alchemico: dal corvo appollaiato sul teschio del disfacimento, ove ribollisce il calderone della vita invisibile, all’aura di luci multicolori che risorgono dalla putrefazione.
La consumazione dell’intera arte dell’alchimia viene proclamata nella gloria dell’iscrizione vitriol, che invita a visitare l’interno del nostro mondo come ricapitolazione, anche se su di un piano più elevato, della prima formula dell’Opera ermetica. Per Aleister Crowley, la lettera più importante tra quelle iniziali era la R di Rectificando, il gerundio che implica la condizione della vera Volontà del suo celebre motto “Fa’ ciò che vuoi: sarà tutta la Legge; Amore è la legge, amore sottomesso alla Volontà”.
Acquario
Il genio di quest’arte si riferisce anche astrologicamente al segno zodiacale dell’Acquario e alla virtù cardinale della temperanza (temperantia) che letteralmente consiste nell’ordine e nella misura da osservare in tutte le cose, nella moderazione delle passioni e dei desideri.
La lama XVII del mazzo di Aor (Schwaller de Lubicz) equivale a quella de Le Stelle dei tarocchi tradizionali. In essa vengono rappresentati Thot e Horus nel mentre versano l’acqua di vita, raffigurata da un continuo fluire di piccole Ankh, simbolo di eternità, sulla testa dell’iniziando, di chi cioè deve venire mondato dei suoi peccati affinché gli venga consentito l’accesso alla sala del giudizio finale. In alto, una stella ottagonale sopra la falce lunare con dodici raggi e il profilo dell’uomo archetipico.
Tradizionalmente la figura centrale dell’Acquario era quella di una donna che versa acqua da un’anfora all’altra, in seguito, nel medioevo, il Verseau divenne un uomo vecchio di anni e di saggezza. Originariamente, nella mitologia greca, difatti, i coppieri degli dei erano due adolescenti dai tratti ambigui. Ganimede, maschio, ed Ebe, femmina, con caratteristiche efebiche appunto, sessualmente quasi indefinite. Inoltre, la costellazione dell’Acquario rappresentava il vecchio dio Saturno e l’acqua il fluire della vita, nonché la ricchezza delle conoscenze e la vivacità della saggezza proveniente dall’esperienza, contenute nelle due anfore che dovevano essere quella che versa d’argento e quella che riceve d’oro. Il primo metallo esotericamente riconduce alla Luna e all’inconscio, l’ordine superiore, l’anima intesa come sentimento e intuito, la sensitività, l’intuizione, l’immaginazione, la madre e quindi quella particolare fase della nostra esistenza in cui, vivendo in simbiosi con essa, nel grembo materno, non si è ancora autosufficienti. La seconda brocca, con l’aureo metallo di cui è composta, simboleggia il Sole e dunque la parte cosciente di noi, lo spirito visto come intelletto e ragione, la razionalità, l’attività, il padre, quella fase della nostra infanzia in cui, staccandoci dalla madre, si inizia il processo di autoidentificazione e di indipendenza psichica.
Saturno-Cronos
Emblematica allegoria del fluire del tempo (Saturno-Cronos), questo travasare da un vaso all’altro significa che la nostra armonia interiore è sorretta dall’equilibrio con cui avviene il passaggio dall’istinto alla ragione, dalle teoriche capacità psichiche e medianiche di ricezione al potenziamento attivo e pratico del magnetismo personale, dallo ieri all’oggi dal male al bene, da un polo all’altro della cosmica dualità. Poiché non esiste il bene senza il male, la luce senza l’ombra, o l’amore senza l’odio, nelle coppe della temperanza di Saturno gli opposti vengono così mescolati per essere superati e trascesi, uniti insieme sino a formare un miscuglio pericoloso di farmaco/veleno.
La temperanza è una carta positiva, in quanto significa avvertimento. L’iniziato, che è l’individuo nella sua completezza, per merito del fluido vitale delle due anfore, se sottoposto a prove morali difficili, dovrebbe resistere superando ogni contrarietà. Il liquido delle anfore è l’energia della Natura equilibrata e rigeneratrice.
Le nozze di Cana
Il gesto del mescolare i liquidi, e dinamizzarli, potrebbe anche riferirsi culturalmente all’episodio evangelico (Giovanni, 2: 1-11) che racconta il miracolo delle nozze di Cana, tuttora celebrato dagli gnostici come sintesi della catena iniziatica. Questa sintesi viene riproposta in un simbolismo quadruplice dal gran libro di Toth o Taro, dottrina dell’inizio o via regale, con i suoi Trionfi: sull’aria (Aquila), per mezzo della parola (Spada), sull’acqua (Angelo), attraverso il gesto (Coppa), sul fuoco (Leone), con il contatto (Verga o bastone), per ottenere, infine, il possesso (terra, Toro) del potere (pentacolo o Denari).
Tra Scilla e Cariddi
La sesta lama dei tarocchi viene considerata, in conclusione, quella prova chiave dell’iniziazione, in quanto ricorda come, giorno per giorno, ci si trovi tra la buona ispirazione che parla con la mano sul cuore e la tentazione che stimola, invece, i sentimenti inferiori, da relegare e controllare: insomma l’eroe iniziato Ulisse, sballottato tra Scilla e Cariddi. La meditazione e la preghiera richiameranno in aiuto gli angeli del cielo per colpire la tentazione, lo spirito abbrutente, l’umiliazione e la morte. Soltanto dopo aver vinto la prova, l’iniziato passa a riflettersi nell’arcano successivo, quello (VII) che raffigura il Carro trionfale di Davide, indicante comunemente l’Orsa maggiore, le cui sette stelle principali (sette buoi, Septem Triones), hanno dato al Nord il nome di settentrione.
Santo Graal
Il vino della parabola evangelica è il sangue radiante del sacrificio volontario, simbolo della presenza della luce nell’oscurità ed è contenuto nella coppa della tradizione hindù, egiziana e arturiana del Santo Graal; la coppa custodita dall’auriga, lo spirito, seduto su di un carro trainato da quattro sfingi, rappresentanti i sedici sottoelementi delle emozioni: toro, leone, aquila e uomo, ripetuti quattro volte. Divenuto il signore dei carri, l’iniziato vedrà la luce risplendere nei simboli della settima lama, che diverranno carne della sua carne e sangue del suo sangue.
Il Carro (VII), conquistatore, trova il suo bilanciamento nella Temperanza (XIV), misura e interiorità, per formare il (VII+XIV=XXI) Mondo. Come in un accordo musicale, il temporeggiamento della Temperanza senza l’azione del Carro rischierebbe di ristagnare nel dubbio, mentre invece il Carro è in grado di realizzare l’armonia della virtù. Ciò che sta dentro si muove come ciò che sta fuori. E l’universo che ci circonda equivale al microcosmo che ospitiamo dentro di noi.
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