di Giuseppe M.S. Ierace
Marguerit Frieda Bloxam (1877-1962) (figura 1), all’età di 24 anni era già sposata con Sir Percey Alfred Harris, un uomo politico stimato e piuttosto in vista, distinto membro del Parlamento Britannico. Abbastanza presto cominciò a occuparsi di ricerca spirituale, affiancandola al lavoro di artista d’avanguardia. Quando, nel 1937, conobbe Edward Alexander Crowley (1875-1947), ne rimase oltremodo affascinata, attratta soprattutto dal carisma naturale che lo contraddistingueva.
La decorazione
Appena due anni più tardi iniziò quella che si sarebbe dovuta rivelare una proficua collaborazione per la decorazione delle carte dei Tarocchi secondo la visione magica della “Grande Bestia”. Nonostante la sua precedente conoscenza in merito non fosse del tutto soddisfacente, almeno da un punto di vista prettamente esoterico, riuscì egualmente a porsi in sintonia con lo spirito essenziale della Tradizione.
”I Tarocchi – scrisse- potrebbero essere descritti come il Libro illustrato di Dio o possono essere legati a un celestiale gioco a scacchi, essendo le carte i pezzi che vanno mossi secondo la legge del loro ordine su di un piano squadrato dai quattro elementi”.
Libro di Thoth
Lavorò con pazienza agli abbozzi di Aleister Crowley, che li aveva programmati come illustrazioni per il suo “Libro di Thoth”, seguendo attentamente pure le descrizioni verbali dell’occultista e, nello stesso tempo, sforzandosi di leggere tra le righe delle guarnizioni classiche più antiche. Sarebbe spesso arrivata persino a dipingere la stessa carta più volte, sino a otto rifacimenti, secondo quanto afferma, nella prefazione al “Libro di Thoth”, “Soror I. W. E. 8°=3° A.A.“ (molto probabilmente uno dei tanti pseudonimi dello stesso Crowley).
Tre Magi
In verità, a parte l’eccezione (quasi sicuramente voluta) delle tre versioni del Mago (figura 2), non si conoscono raffigurazioni multiple tra gli originali della Harris. Difatti, quando l’incaricato della loro riedizione del 1986, Werner Ganser, nel Warburg Institute di Londra, si accorse che, invece di essere settant’otto, come ci si sarebbe aspettati di norma, i disegni depositati erano ottanta. Si interpretò la presenza delle due carte soprannumerarie, e apparentemente superflue, collegandole alla numerologia dei Re Magi della cometa di Bethlemme, ovvero alla trinità alchemica di Nigredo, Albedo e Rubedo, ma si sarebbe potuto fare riferimento anche all’allegoria tizianesca della Prudenza (figura 3), o chissà cos’altro ancora.
Tre folli giorni
Solo successivamente si prese in considerazione l’osservazione dell’esoterista, orientalista, astrologo e cabalista tedesco Harald Schulz-Theiler, il quale in “Judas und sein Sohn Ger” (1989) deduce la “compresenza”, a dire il vero, invisibile, delle tre carte. Osservazione questa che naturalmente riveste un notevole interesse, anche se forse andrebbe più propriamente riferita al Matto, la carta numero zero, giusto per completare la serie dei cosiddetti “tre giorni folli” del calendario occulto.
Quello egiziano antico, per esempio, inquadrava l’anno in dodici mesi di trenta giorni ciascuno, raggruppati in tre decadi, con l’aggiunta di cinque giorni supplementari, detti epagomeni. La riforma gregoriana, seguendo il piano elaborato dall’astronomo e medico calabrese Luigi Giglio, ovvero Aloysius Lilius (c. 1510-1576), lascia ancora sussistere un errore di circa sei giorni, sia pur ogni diecimila anni. Per cui l’antico sistema di calcolo su base numerica duodecimale, sul quale si basa il computo del tempo, andrebbe in realtà giudicato del tutto approssimativo e destinato a completarsi solamente fino a un massimo del 98-99%. E da qui, non solo i cinque giorni in esubero ai 360, ma pure gli anni bisestili, e così via.
Mithras, Meithras, o Abraxas
La sapienza antica relativa ai 360 giorni annui veniva racchiusa nel nome divino Mithras, che li assomma, secondo la convenzione alfanumerica greca (M 40 + I 10 + Th 9 + R 100 + A 1 + S 200 = 360). Le successive osservazioni, apparentemente più precise, circa i 365 giorni, modificarono il nome divino in Meithras , ovvero in Abraxas (A 1 + B 2 + R 100 + A 1 + X 60 + A 1 + S 200 = 365).
L’apparizione delle due carte invisibili agli inizi dell’Era dell’Acquario si rivela davvero stupefacente, se si considera che è proprio questa l’epoca in cui divengono possibili le scoperte delle cose dapprima accuratamente nascoste. Resta comunque da capire il perché di un tale messaggio e soprattutto per quale motivo sarebbe stato affiancato proprio alla simbologia del Bagatto (Magician).
Le prime tre Sephirot
Da un punto di vista strettamente cabalistico, andrebbe contemplato come le forme dell’eterno rimangano di per sé invisibili nell’En Sof, appunto lo zero (il Matto), e in quale modo si tenda a esprimere, in tutte le nostre immagini, soltanto il desiderio di intuire l’ombra di quanto risiede al di là del comprensibile. L’uno, Kether, risulta essere l’uomo più vicino alla perfezione, la terza Sephirah (Binah) completa il supremo triangolo dell’Albero della Vita, e raffigura la trinità.
L’En Sof
Il Bagatto della collezione milanese Visconti Sforza, del XV sec., rappresenta un prestigiatore in abiti signorili seduto a un tavolo su cui si trovano gli strumenti della sua spettacolare esibizione di fantasia e manipolazione, illusione e abilità. Nelle carte coeve di Ferrara, attribuite ad Andrea Mantegna (1431-1506), si tratta di un orafo artigiano con il suo apprendista e un fuoco, la fiamma della creatività, a significare la capacità di concentrazione.
Quindici, il plenilunio
La serie parigina di Jean-Baptiste Alliette, alias Etteilla (1738-1791), ma a lui successiva e risalente al 1870, raffigura il mago con barba, mantello e un particolare copricapo; il tavolo che gli sta dinanzi è coperto da una tovaglia verde con sopra vari accessori. Si riferisce al numero 15, al plenilunio, alla negatività, alla malinconia e alla dispersione dell’energia.
Teurgia
Nel 1888, Oswald Wirth (1860-1943), al Bateleur, con in testa un cappello la cui tesa, a forma di otto disteso, rimanda all’infinito, associa la coppa, il pentacolo, la bacchetta e la spada, simboli della teurgia tradizionale, suggerendo il principio dell’autodeterminazione su se stessi e dell’intervento sul mondo esterno.
Escamoteur
I Tarocchi ispirati all’Egitto, comparsi a Parigi alla fine dell’ottocento, ripropongono un dignitario di fronte a una pietra cubica, a riprova della perfezione umana e del dominio sugli elementi naturali. Anche sul capo de l’Escamoteur di Papus, pseudonimo di Gérard Encausse (1865-1916), compare, nel 1909, un segno di lemniscata: in riferimento alla lettera ebraica Aleph, a Osiride, ad Adamo, al Padre, all’Uomo, alla Terra, all’essenza divina.
Un rito magico
Ò’anno dopo, nel mazzo londinese Rider-Waite, c’è ancora il segno dell’infinito quale aureola d’un giovine vestito di bianco e con un manto rosso, circondato dai fiori della purezza, nell’atto di invocare le forze celesti per convogliarle sulla terra.
The Juggler
Per Crowley, la prima carta della “Trinità”, quindi in effetti la numero zero, “The Juggler” (il giocoliere), rappresenta invece Mercurio dai piedi alati, con alle spalle il caduceo, assieme alla scimmia sacra a Thoth.
Negli altri due disegni della Harris, relativi sempre al Mago, qualcosa cambia: in un caso, la posizione del corpo e delle braccia rimanda nettamente alla svastica, l’antico emblema della croce con cui si rappresenta il Sole e il vortice della creazione, mentre, nell’altro schizzo, il caduceo diviene l’organo sessuale di una figura molto statica, circondata dalle varie simbologie della Forza e dell’irradiazione, della Volontà e dell’ eterno movimento, del principio creatore e del dominio sugli elementi (figura 2).
“Con il bastone Egli crea. Con la Coppa Egli conserva. Con il Pugnale Egli distrugge. Con la Moneta Egli redime” (Liber Magi, 7-10).
La quinta Sephirah
“Questa carta – annota Maestro Therion ne “Il Libro di Thoth”- è riferita alla lettera Beth, che indica la casa, ed è attribuita al pianeta Mercurio… Il titolo francese di questa carta nel mazzo medievale è Le Bateleur, il portatore di Baton (Variante Le Pagad…PChD, terrore (specialmente panico), un titolo di Geburah… membrum virile. Per analogia araba, PAChD, ingeneratore di terrore: valore 93!! Pagoda, monumento fallico: similare, e ugualmente acconcio.”
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La “Bestia Spasimante”
Sembra che Lady Harris abbia saldamente resistito al corteggiamento pressante e caparbio della “Bestia Spasimante”, visto che nel carteggio epistolare pervenutoci respinge sdegnosamente delle esplicite avances, ribattendogli di essere felicemente sposata. Dalle altre sue lettere indirizzate a Crowley si viene a sapere che Lei si considerava guidata dal Santo Angelo Guardiano nel riprodurre le decorazioni nella maniera migliore. Temeva di venire rimproverata per essere giunta all’esaurimento del suo implacabile lavoro sul mazzo dei Tarocchi senza risultati apprezzabili. Crowley le rispose che, se non fosse stato per lei e, proprio in virtù di quell’innegabile genio artistico dimostratogli, non si sarebbe lasciato coinvolgere così profondamente in un procedimento apparentemente interminabile di ricreazione e formulazione d’una nuova veste estetica per le carte tradizionali, ma soprattutto le dichiarò che era riuscita a realizzare ogni singolo disegno quasi fosse un capolavoro unico. Il risultato, infine emersone, sarebbe consistito in un ampliamento di coscienza e in una più matura e definitiva consapevolezza iniziatica da entrambe le parti. Eppure né Crowley, né Lady Harris, finché furono in vita, si diedero molto da fare per diffondere il frutto agognato della loro laboriosa rielaborazione del classico “gioco” di carte. Solo nel 1944 queste furono pubblicate, unitamente a “Il Libro di Thoth”, in un’edizione limitata alla tiratura di soli duecento esemplari.
Il Warburg Institute di Londra
Come artista Lady Harris sarebbe dovuta essere l’unica proprietaria dei diritti d’autore di questo mazzo di Tarocchi, anche se, in realtà, fu Crowley a incassare tutto il ricavato. Rimasta vedova nel ’52, Frieda trascorse l’ultimo decennio della sua vita in India. Dopo la sua morte, gli originali e i diritti sono stati donati dai suoi eredi al Warburg Institute di Londra. E, per alcuni, queste carte dovrebbero portare solo il suo nome e chiamarsi semplicemente “Tarocchi di Frieda Harris”.
Il “Califfato”
Nel 1969 se ne sentì parlare diffusamente, in quanto il Maggiore Grady Louis McMurtry (1918-1985), membro della “Loggia Agape”, dissoltasi nel 1953, apprestandosi a riorganizzare amministrativamente l’Ordo Templi Orientis statunitense, reclamò i diritti di pubblicazione di quelli che venivano ordinariamente definiti come i “Tarocchi di Crowley”.
McMurtry aveva contribuito ad aiutare la “Grande Bestia” in quella prima edizione del “Book of Thoth”, limitata a soli duecento esemplari. Un paio d’anni più tardi, nel 1946, ricevette alcune lettere autografe da parte del Maestro Mega Therion, il quale gli si rivolgeva equivocamente, e forse anche scherzosamente, con l’appellativo di Calif (khilāfa, che letteralmente in arabo significa "luogotenente", avrebbe fatto allusione al grado militare), da altri interpretato molto più semplicemente come abbreviazione postale per la stato nordamericano di residenza dell’ufficiale. Fatto sta che, a distanza di oltre venti anni da quell’episodio, McMurtry interpretò quell’espressione, in maniera un po’ troppo cervellotica, se non proprio francamente paranoide, nei termini d’una esplicita volontà, da parte di Bafometto, di consacrarlo “Califfo”, “vicario”, e quindi anche, con il nome iniziatico di Hymenaeus Alpha, indiscusso rappresentante esterno (Outer Head Order OHO) dell’Ordo Templi Orientis e successore (khilāfa indica appunto anche sostituzione e avvicendamento) del “Profeta”, secondo la dignità e il ruolo che quel titolo conferisce nel sistema di governo adottato dal primissimo Islam, il giorno stesso della morte di Maometto, onde intendere esprimere l'unità politica dei musulmani, ovvero la Umma.
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A onor del vero, la qualità tipografica di quelle riproduzioni fu piuttosto povera, priva dell’eccellente chiarezza e del nitido dettaglio degli originali che soltanto una stampa precisa, e attenta all’integrità della decorazione, poteva rendere alla perfezione.
La Tradizione esoterica
Si dice solitamente che la decorazione dei tarocchi sarebbe stata disegnata da Crowley e dipinta poi da Frieda Harris, nell’intenzione originaria di correggere e adattare alla Nuova Era il classico tarocco medievale lungo linee decisamente più esoteriche. Il progetto iniziale però crebbe a tal punto da pervenire a una completa ristrutturazione dello stesso simbolismo pittorico, e a un’ audace, eppur brillante, revisione del concetto tradizionale dell’antica Sapienza. Tant’è che i preventivati tre mesi di programmazione e lavoro si andarono a estendere infine a un intero lustro, tra il 1938 e il 1943.
Thoth
Sull’onda della moda rinascimentale, i Tarocchi erano divenuti un vero e proprio strumento di conoscenza occulta, quale ultima testimonianza d’un perduto libro della rivelazione che il dio egizio Thoth avrebbe offerto all’umanità con l’intento di illustrarvi il cammino della realizzazione spirituale. Ciascuna carta assume la funzione di ambigua lettera d’un alfabeto cabalistico, il cui mistero soltanto un intuito predisposto all’imperscrutabile riesce a penetrare.
Le Monde Primitif
Court de Gebelin (1725-1784), affascinato dai geroglifici egizi, nella sua opera monumentale dal titolo “Le Monde Primitif analysé et comparé avec le monde moderne” (1773), attribuì la diffusione delle carte ai Gitani provenienti dal sud del mondo.
Etteila/Alliette
Nel 1783, erano stati predisposti dal Mago Jean-Baptiste Alliette (1738-1791) i cosiddetti Tarocchi di Etteila (il suo cognome in forma speculare), ripresi, secondo le indicazioni dell’Autore, dal tradizionale Libro di Toth, classicamente ritenuto inciso su ventidue lamine d’oro da diciassette maghi sotto la guida del leggendario Ermete Trismegisto, incarnazione ellenistica dell’antico Dio Egizio. Nelle loro valenze simboliche, se il primo numero richiama la cabala dell’alfabeto ebraico, il secondo si riferirebbe alla ciclicità karmica governata da Saturno.
Il progetto Constant- Mackenzie
Alphons Louis Constant (1816-1875), meglio noto con l’appellativo iniziatico di Eliphas Levi Zahed, ne sostenne la derivazione ebraico-cabalistica. Insieme con l’orientalista inglese Kenneth R. H. Mackenzie (1833-1886), ma secondo i principi del suo “Dogme et Rituel de la Haute Magie” (1856), avrebbe voluto progettare di ricostituire globalmente un nuovo mazzo, del quale però ci sono rimaste solamente le descrizioni dei Trionfi denominati “Il Carro” e “Il Diavolo”.
I Tarocchi di Marsiglia
Oswald Wirth (18601943), discepolo di Stanislas de Guaita (1861-1897), recuperandone l’originale aspetto simbolico, ridisegnò i 22 Arcani Maggiori dei cosiddetti “Tarocchi di Marsiglia”, dando alle stampe, tra il 1926 e il 1927, uno dei testi ancor oggi tra i più importanti sull’argomento: ”Le Tarot des Imagiers du Moyen Age”.
Un Illuminismo scientifico
Su questa falsariga si inserisce la vicenda personale di Aleister Crowley che è stato spesso descritto come l’occultista più avanzato e influente del ventesimo secolo. Per alcuni fu un uomo davvero straordinario, le cui idee hanno impresso una tangibile svolta all’esoterismo moderno. Tutta la sua vita, in effetti, è stata impostata nel tentativo di sintetizzare i diversi insegnamenti delle religioni del mondo, estraendo da essi il nucleo essenziale e soggiacente di verità da tutti condiviso, ma anche nello sforzo di sviluppare un sistema di realizzazione spirituale idoneo alla ricerca della consapevolezza interiore e soprattutto consono ai tempi attuali.
Quest’ansia di contemporaneità lo portò a definire il suo sistema quale “Illuminismo scientifico”, coniando il motto: ”Al metodo della Scienza il fine della Religione”, proprio per sottolineare come, liberata da ogni peso culturale e storico, la verità si riveli unica, dovunque e per chiunque.
Il mago di Leamington ha lasciato un voluminoso corpo di scritti sui più svariati argomenti esoterici, non solo in merito alle Lame dei Tarocchi. Nel corso della sua esistenza ha spaziato tra opere d’occultismo pratico (“Magick, Liber ABA, Book 4”,1929), istruzioni per aspiranti guru (“Eight Lectures on Yoga”, 1939), altre in forma di lettere esplicative (“Magick Without Tears”, 1954), o di epistola evangelica (“Liber Aleph vel CXI: The Book of Wisdom or Folly”, 1918), saggi cabalistici (“Liber 777 vel Prolegomena simbolica ad systemam sceptico-misticae viae explicandae, fundamentum hieroglyphicum sanctissimorum scientiae summae”, 1909), misteriosofici(“Konx Om Pax: Essays in Light”, 1907), teurgici (“The Book of the Goetia of Solomon the King”, 1904), diari mistici (“The Vision and the Voice-Liber 418”, 1911), libri crittografici e allusivi (“The Book of Lies”, 1913), e persino novelle (“Moonchild”, 1917; “Diary of a Drug Fiend” (1922); “The Stratagem and other Stories”, 1929), poemi (“Aceldama”, 1898; “The Sword of Swong”,1904), satire (“Ambrosii Magi Hortus Rosarum”,1902), tragedie (“The God-eater”, 1903) ecc.
La “Golden Dawn”
Come l’acquaiolo dello zodiaco, nei “suoi” Tarocchi riversò l’intero contenuto della sue conoscenze (e mentalità) magiche, incorporandovi pure le scoperte più recenti della Scienza, dalla matematica all’antropologia. I Tarocchi, del resto, erano stati per lui una compagnia quotidiana sin dall’epoca dell’iniziazione (18 novembre 1898), con il nome mistico di Frater Perdurabo, all’Ordine Ermetico della Golden Dawn e alla Societas Rosicruciana in Anglia, i quali gli offrirono un approccio sistematico ed estremamente lucido alla Tradizione dei Misteri appartenenti alla cultura occidentale. I Tarocchi giocavano un ruolo preminente nell’ambito degli studi, nella meditazione e nel corso dei rituali di un’organizzazione di cui facevano parte illustri personaggi, tra cui non soltanto il teosofo e massone William Wynn Wescott (1848-1925), il mistico Arthur Edward Waite (1857-1942), o gli occultisti S. L. MacGregor Mathers (1854-1918) e Paul Foster Case (1884-1954), ma anche noti letterati come il poeta W. Butler Yeats (1865-1939), o lo scrittore gallese Arthur Machen (1863-1947), assieme ovviamente a tanti altri.
Forse solo simultaneamente, o forse anche congiuntamente con Crowley, alcuni di loro, come in particolare Case e Waite, elaborarono specifici addobbi delle carte, il cui simbolismo si è poi andato radicando negli stessi Tarocchi della Golden Dawn. Non si sa fino a che punto in accordo con i Maestri dell’Ordine stesso, Frater Perdurabo pubblicò una completa relazione sul Tarocco, nei numeri 7 e 8 del primo volume di “The Equinox”, nel 1912. I membri della Golden Dawn, infatti, erano tenuti, sotto solenne giuramento, a mantenere il più stretto riserbo riguardo a quella decorazione approvata come insegnamento iniziatico e perciò rimasta inedita fino al 1977, allorquando venne finalmente data alle stampe, dipinta da un grafico dal tratto quasi naif (Robert Wang), dietro la guida di Francis Israel Regardie (1907-1985).
Rider-Waite
Nel 1908, in collaborazione con Pamela Colman Smith (1878- 1951), statunitense originaria della Giamaica, Arthur Edward Waite aveva fatto pubblicare, presso l’editore Rider,un mazzo di Tarocchi in cui anche le carte di serie, o di colore, ovvero di seme (dal 2 al 10), venivano illustrate come gli Assi e le Carte cosiddette di Corte (Re, Regina, Cavaliere, Fante), di modo ché ognuna di queste avesse un’immagine inerente al suo significato. La versione degli Arcani per i “Builders of the Adytum”, Case la presentò quale variazione "corretta" delle carte Rider-Waite.
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La Rivelazione di Aiwass
Aleister Crowley era nato il 12 ottobre 1875, e già a 23 anni era stato accolto in seno all’Ordine Ermetico della Golden Dawn, i cui insegnamenti agirono su di lui come in un crogiuolo, al fine di una, sia pur lenta, ma quasi predestinata e inesorabile evoluzione occulta . Nel gennaio del 1900, conseguì il grado di Adeptus Minor 5°=6° (Fra:. R. R. et A. C.). Assumendo il motto “Ol Sonuf Vaoresaji”, nell’aprile 1904, divenne Adeptus Major 6°=5°. Nel 1909, con il motto “Oy Mh” e il nome mistico di Fra:. A:.A :., fu Adeptus Exemptus 7°=4°. Col motto “Vi Veri Vniversum Vivus Vici” gli venne poi conferito il titolo di Magister Templi 8°=3° il 3 dicembre 1910. Il 12 ottobre 1915 divenne infine Magus 9°=2° e si fece chiamare “To Mega Therion”.
Eppure l’apice della sua carriera iniziatica era già avvenuto al Cairo, in Egitto, nel 1904, allorquando l’8, il 9 e il 10 di aprile, ricevette, per trasmissione di voce diretta, la prima comunicazione indirizzata al genere umano da parte delle forze gerarchiche governanti la Terra agli inizi dell’attuale Età dell’Acquario, con la quale veniva annunziata l’apertura di una nuova, più rivoluzionaria, trasmissione iniziatica, nonché la nascita del Nuovo Eone di Horus.
“…Tzaddi non è la Stella”!
Conosciuto ai più come il “Libro della Legge” (Liber Al vel Legis), questa rivelazione forma la pietra miliare dell’insegnamento crowleyano e influenza profondamente le stesse origini della sua decorazione delle carte. Infatti, a parte quelle interessate alle attribuzioni cabalistiche e astrologiche classiche, per le quali si può fare riferimento al “Liber 777” e al “Libro di Toth”, le altre, relative all’influenzamento cosiddetto “thelemico”, vanno poste in relazione proprio a questo “Book of the Law”, e in particolare a quel 57° versetto del primo capitolo che recita: ”Tutte queste vecchie lettere del mio libro sono corrette, ma Tzaddi non è la Stella”.
La Stella, per Crowley, rappresenta Nuit, il cielo stellato. “Io sono l’infinito spazio, e le Infinite stelle che vi si trovano” si legge al versetto 22 del primo capitolo del Liber Legis. La descrizione che ne fa è con i due tradizionali vasi, uno che versa acqua simbolo di Luce su di sé, mentre l’altro la versa contemporaneamente sulla terra, quale metafora di una superiore “Economia dell’Universo”, che continuamente spande energia e continuamente la riassorbe, ma anche quale glifo del “Moto Perpetuo”. (figura 4)
Tza-ddi, Tsa-r, Imperator
“Ciò si dimostra molto soddisfacente. - Ebbe ad annotare ne “Il Libro di Thoth”- Ma lo divenne infinitamente di più non appena si vide che questa sostituzione chiariva l’altro mistero circa la Forza e la Giustizia. Leone e Bilancia sono, grazie a questo scambio, mostrati rovesciati intorno alla Vergine, il sesto segno dello zodiaco, e ciò equilibra il rovesciamento di Ariete e Acquario intorno ai Pesci, il dodicesimo segno. Questo è un riferimento a un particolare segreto degli antichi che fu studiato molto profondamente da Godfrey Higgins e altri della sua scuola… La correttezza dello scambio è evidente quando si considera l’Etimologia. É naturale che la Grande Madre sia attribuita a Hé, che è la sua lettera nel Tetragrammaton, mentre la lettera Tzaddi è la lettera naturale dell’Imperatore nel sistema fonetico originale, com’è mostrato nelle parole Tsar, Czar, Kaiser, Caesar, Senior, Seigneur, Señor, Signor, Sir.” (figura 5)
Con la dotta citazione dell’autore dell’Anacalypsis (An Attempt to Draw Aside the Veil of the Saitic Isis or an Inquiry into the Origin of Languages, Nations and Religions, 1836), Godfrey Higgins (1772-1833), “To Mega Therion” introduceva nella tradizione mitologica una possibile variante astro-linguistica.
L’Arcano numerato XVII si riferisce all’Acquario dello Zodiaco, mentre Tzaddi è l’Imperatore, che sta per Potere, Autorità, Legge, ed è relativo ad Ariete; in base a questa identificazione le posizioni della Stella e del IV Trionfo dovevano essere permutate.
Giustizia/Forza
Anche gli Arcani numero VIII (Giustizia, Adjustment) e XI (Forza, Passion) (figura 6) vanno scambiati di posto, in quanto il primo è collegato alla Bilancia, per le rappresentazioni simboliche in esso contenute, e sull’altro compare un Leone. Cosicché Acquarius e Aries si trovano ai lati dei Pisces, alla stessa stregua di come Leo e Libra incorniciano Virgo. La correzione suggerita da Aiwass nel Liber Legis forniva una simmetria perfetta alle attribuzioni zodiacali di queste Lame.
“La legge della Fortezza e il grande mistero della Casa di Dio” corrisponde alla Torre del XVI Arcano (figura 7), ma Atu, che in antico egiziano significa sia Casa sia Chiave, per Crowley, sta pure alla radice etimologica di “Atout”.
Si era venuta a formare come un’asola (IV e XVII ai lati di XVIII) all’estremità (Pisces) dell’ellisse, analoga e corrispondente all’asola riconoscibile al lato opposto (Virgo), da parte di XI e VIII intorno a IX, (figura 8) con un puntuale effetto magico-speculare (tipo XI/IX), a mo’ di ali avvoltolate ai bordi dell’incarto d’una caramella. (figura 9)
“Per rendere assolutamente chiaro agli iniziati che non comprendevano il significato della carta denominata Il Matto,– spiega sempre Maestro Therion- la collocarono tra le carte XX e XXI, per la ragione che impedisce all’immaginazione umana di concepire. Essi allora attribuirono la carta numero I, Il Bagatto, alla lettera Aleph. In questa semplice e ingegnosa maniera ottennero le attribuzioni sbagliate d’ogni carta, eccetto l’Universo, XXI. (figura 10).
Nel frattempo la vera attribuzione era ben custodita nel Santuario; divenne pubblica solo quando la lezione segreta consegnata ai membri dell’Ordine Ermetico della Golden Dawn con il grado di Practicus, fu pubblicata quale risultato della catastrofe che colpì il ramo inglese dell’Ordine nel 1899 e 1900, e.v., e della ricostruzione dell’intero ordine nel marzo e aprile 1904 e.v.. Collocando la carta contrassegnata 0 al suo giusto posto, dove tutti i matematici l’avrebbero posta, le attribuzioni si succedono in un ordine naturale che è confermato da ogni investigazione. Vi era tuttavia un nodo alla fune. La carta denominata Adeguamento (Forza) è contrassegnata VIII. La carta denominata Concupiscenza (Giustizia) è denominata XI. Per conservare la sequenza naturale, Concupiscenza deve essere attribuita alla Bilancia, e Adeguamento al Leone. Ciò è evidentemente sbagliato, poiché la carta denominata Adeguamento mostra in effetti una donna con spada e bilancia, mentre la carta denominata Concupiscenza mostra una donna e un leone. Fu assolutamente impossibile capire il perché di questa inversione fino agli avvenimenti di Marzo e Aprile 1904, che sono riferiti in dettaglio in The Equinox of the Gods”.
Le Nozze chimiche di Rosenkreutz
A questo punto, l’Arcano numero VI, Gli Amanti, (figura 11) che rappresenterebbe Ercole al bivio, oppure, come dichiara Crowley, le Nozze chimiche di Rosenkreutz, - attribuendo il risalto dovuto all’occulto significato erotico-cabalistico de ”il Giusto tra due donne”, per come tramandato sia dalla tradizione sufi che dallo Zohar, - in questa visione thelemica, avrebbe potuto degnamente rimarcare entrambi i nodi astrologici creati dai Trionfi XVIII (Pesci) tra IV (Ariete) e XVII (Acquario) e da IX (Vergine) tra XI (Leone) e VIII (Bilancia).
Crowley aveva pure cambiato la definizione ai Denari, divenuti Dischi, e alle Carte di Corte chiamandole Cavaliere, Regina, Principe e Principessa, oltre che l’appellativo di alcuni altri Trionfi, attribuendo quello di Universo al Mondo XXI, di Arte alla Temperanza XIV e di Fortuna alla Ruota X. (figura 12).
Ma il significato profondo di salvezza e liberazione fu stravolto soltanto per il Giudizio XX che venne trasformato nell’Avvento del Nuovo Eone, da interpretare secondo quanto scrisse Hermann Hesse (1877-1962) in “Siddhartha” (1922).
“Il Mondo, amico Govinda, non è imperfetto o nel procinto di perfezionarsi lentamente. No, esso è perfetto in ogni attimo, tutti i peccati portano già in sé il perdono, tutti i bambini piccoli portano già in sé il vecchio, tutti i neonati la morte, tutti i morenti la vita eterna. Nella meditazione profonda c’è la possibilità di eliminare il tempo e di vedere tutta la vita che è stata, che è e che sarà insieme e allora tutto è bene, tutto è perfetto, tutto è Brahman”.
La doppiezza della coppia dei Gemelli
Il sistema crowleyano fa riferimento alla rappresentazione in coppia dei simboli (tipo: II-V; III-XIX; VII-XII) (figura 13), attribuendo loro significato “doppio”; dietro ogni idea si nasconde il suo opposto, come astrologicamente accade, per esempio, nel segno dei Gemelli.
Facendo nascere Oro dall’uovo di Hadit/Seth/Tifone viene sottolineata la necessità di comprendere come ogni aspetto chiaro rappresenti un’unità soltanto assieme al suo polo oscuro e contrario, inversione magica testimoniata dal motto di Yeats in seno alla Golden Dawn: ”Demon est Deus Inversus”. (figura 14)
In primo piano, tra passato e futuro, Arpocrate (Hoor-paar-kraat, Oro bambino), raffigura il taglio trasversale del Tempo nel quale si intravede a distanza la controparte dell’Arueri (Heru-ra-ha, Horus sole incarnato), che dallo sfondo, longitudinalmente, ricompone il futuro nel passato, sotto forma di Oro “vecchio”, Ra-Herakhty (Ra-Hoor-Khu-It, "Ra (che è) Horus all'orizzonte").
Aion, il dio dell’eternità è, come Horus , una divinità doppia, simbolo dell’inizio che si crea dall’ultimo e della chiusa che germoglia dal principio: ”Finis coronat Opus”.
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La Bestia Trionfante e la Sfinge
Qualcuno ha paragonato la biografia della Grande Bestia alla trama di uno dei più famosi romanzi dell’età imperiale romana, “L’Asino d’Oro” di Apuleio. Una storia nella quale vengono inseriti dei racconti piuttosto piccanti, ma pure una favola molto impegnativa e allegorica come quella di Amore e Psiche. Il protagonista, comunque, il cui nome è già tutto un programma, avendo a che fare con l’illuminazione, Lucio, da giovane colto e curioso qual è, scopre di nutrire un impellente interesse per la magia e decide di recarsi nella zona dove più alta è la concentrazione di streghe, la Tessaglia. Ma già prima ancora di quanto non se lo aspetti viene iniziato, a sua insaputa, e trasformato in un animale, un asino per la precisione. Per riscattarsi dovrà cibarsi di una rosa, e anche questo riferimento riveste una simbologia altamente pregnante. Far ciò gli risulterà oltremodo difficile, perché sarà sottoposto a dure prove fino a quando non viene aiutato dalla Dea Madre Iside. Crowley si autodefinì “Grande Bestia” e trascorse la sua vita letteralmente divorando petali di fiori esoterici!
Qualcun’altro ha aggiunto che la proverbiale irresolutezza di Aleister Crowley, il quale addirittura morì esclamando: “ sono perplesso!”, derivi dalla presunzione metonimica d’aver scambiato il livello simbolico con il reale, cioè una parte per il tutto, come i “soffiatori di vetro”, e coloro i quali si limitano a squagliare il piombo, avrebbero fatto con i segreti più riposti dell’Alchimia. Insomma un errore che sarebbe stato comune anche al tragico Edipo, il quale nel risolvere l’enigma della Sfinge, presume d’averne penetrato il mistero, quel medesimo arcano dell’eterno femminino, che ne rappresenta l’essenza stessa e che in fondo lo indusse all’incesto.
La giusta misura, raffigurata dalla XIV Lama, insegnano i Tarocchi, sta sempre tra ossessione (XV lama) e astinenza (XIII lama). (figura 15)
È forse possibile però che Crowley vi vedesse soltanto un caprone e uno scheletro e, anche se comprese la simbologia ermetica del Leone bianco e dell’Aquila rossa, che nasconde la conoscenza della necessità di invertire i lumi prima del compimento del Magnum Opus, non sappiamo fino a che punto l’abbia davvero messa in pratica. Come infatti scrisse Gustav Meyrink (1868-1932) in “Das grüne Gesicht” (1916): “Anche se è giusto, tutto ciò che un uomo crede quando le luci in lui non sono ancora scambiate è sbagliato, talmente sbagliato da non poter essere compreso”.
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La Legge di Thelema
To Mega Therion ha scritto romanzi, ha lasciato un gran numero di poesie e tantissimi saggi di regole, istruzioni e di consultazione in campo magico, e ha persino tradotto I Ching e Tao Te Ching. Mario Praz (1896-1982), ne “La Carne, la Morte e il Diavolo nella Letteratura Romantica” (1930), lo inserisce tra i decadentisti inglesi swinburniani, non tanto perché fondatore della Rivista “The Equinox, the official organ of the A:. A:.:the review of Scientific Illuminism” (1909-1913), ma in quanto autore del dramma “Tannhauser” e di poesie quali “Madonna of the Golden Eyes” (in “The Temple of the Holy Ghost”), Messaline (in “Alice: An Adultery”), o del poema dedicato alla dea Kalì (in “Gargoyles being strangely wrought Images of Life and Death”). Di “Jezabel” riporta i versi: “Now let me die, at last desired, At last beloved of thee my queen…” e del sonetto “for E. F. Kelly’s drawing of an Hermaphrodite” cita: “O body pale and beautiful with sin!…”.
Eppure, ciò che lo avrebbe reso famoso tra il più vasto pubblico dei non addetti ai lavori occulti, dove ha indubbiamente primeggiato, è stata proprio l’opera tarda sul Libro di Thoth. Lui ha comunque sempre sostenuto che il maggior rilievo sarebbe dovuto riconoscersi alla rivelazione del Liber Al vel Legis dettatogli al Cairo nel 1904 dall’entità Aiwass, la cui essenza è il precetto di rabelaisiana memoria “Fay ce que voudras”. Quello dell’utopica abbazia Thélème descritta nel IV volume del ciclo di romanzi su Gargantua. Ma la massima “Ama e fa ciò che vuoi” (“Dilige et quod vis fac”), la si ritrovava già tra i pensieri di Aurelius Augustinus Hipponensis (354-430).
L’abbazia di Thelema Crowley la fonda a Cefalù, ove fa campeggiare il motto “Fa ciò che vuoi sarà tutta la legge”. Michael A. H. Ende (1929-1995), nella sua “Die Unendliche Geschichte” (1979), la riporta come iscrizione sull’amuleto di Auryn, interpretandola in maniera profondamente etica, quale invito a vivere sempre in armonia con la propria volontà.
Ebbene, i confini del dettato della Volontà sono sempre abbastanza incerti. E questo concetto viene espresso nei Trionfi XIV e XV che potrebbero essere interpretati come la giusta misura (Arte ed Equilibrio) e la dismisura (ciò che invece è diabolico, come la perseverazione nell’errore). A ciò forse si sarebbe riferito Alan Watts (1915-1973) nel tratteggiare l’esperienza di vita di Frater Perdurabo: “Le figure grandi e potenti, nel senso religioso, vengono senza eccezione considerate divinità dagli uni e diavoli dagli altri”.
Una questione matematica
Il “Liber Al vel Legis” affermava una nuova Legge, in cui è proclamata la divinità purissima di ogni uomo e di ogni donna, e dichiarava quale unico criterio di evoluzione spirituale la progressiva consapevolezza di queste verità da parte di ogni individuo.
Il Libro della Legge aveva indubbiamente influenzato per il disegno le attribuzioni cabalistiche tradizionali degli Arcani Maggiori. Classicamente a ognuna delle ventidue Lame dei Tarocchi viene assegnata una certa lettera ebraica e un determinato sentiero sull’Albero della Vita, come pure un segno astrologico, un elemento e una pianta corrispondenti. La rivelazione di Aiwass annunziava un cambiamento in qualcuna delle primitive corrispondenze accettate e ormai consolidate. E ciò fu oggetto di uno studio dettagliato soprattutto nel “Liber 777” e ancor più nel “Book of Thoth”.
“Si deve incominciare, come farebbe un matematico, con il concetto di Zero, Zero assoluto, che all’esame si rivela una qualsiasi quantità che si può scegliere, ma non , come potrebbe dapprima supporre il profano, Nulla, nel senso popolare della parola di assenza di qualsiasi cosa”.
La sistemazione napoletana
Citando il “Berashith”, Crowley definisce “napoletana”, essendo stata elaborata per la prima volta proprio in quella città, la sua sistemazione della Qabalah in relazione ai Tarocchi e aggiunge:
“I cabalisti allargarono questo concetto di Nulla, e ottennero un secondo tipo di Nulla, che essi denominarono Ain Soph- Senza Limite (questo concetto non sembra dissimile da quello di Spazio). Essi poi stabilirono che, al fine di interpretare questa mera assenza di qualsiasi mezzo di definizione, era necessario postulare l’Ain Soph Aur- Luce senza limite. Con ciò essi sembrano aver inteso molto da vicino quello che gli uomini di scienza della tarda età vittoriana intendevano, o pensavano di intendere, con l’Etere Luminifero (il Continuum Spazio Temporale?). Tutto ciò è evidentemente informe e vuoto; queste sono condizioni astratte, e non idee positive. Il passo successivo deve essere l’idea di posizione. Si deve formulare questa tesi: se c’è qualsiasi cosa eccetto il Nulla, esso deve esistere entro questa Luce Illimitata; entro questo Spazio; entro questo inconcepibile Nulla, che non può esistere come Nulla, ma deve essere concepito come un Nulla composto dell’annientamento di due opposti immaginari. Appare in tal modo Il Punto, che non ha né parti né grandezza, ma solo posizione. Ma la posizione non significa proprio niente a meno che non vi sia qualcos’altro, qualche altra posizione con cui possa esser messa in rapporto. La si deve descrivere. Il solo modo per farlo è disporre di un altro Punto, e ciò significa che si deve inventare il numero Due, rendendo possibile la Linea. Ma questa Linea non significa davvero un gran che, perché non c’è ancora alcuna misura di lunghezza. Il limite della conoscenza a questo stadio è che vi sono due cose, onde essere in grado di parlarne. Ma non si può dire che sono reciprocamente visive, e che sono lontane l’una dall’altra; si può dire solo che vi è una distanza tra loro. Per distinguerle tra loro, ci deve essere una terza cosa; dobbiamo avere un altro Punto. Si deve inventare la Superficie, si deve inventare il Triangolo. Nel far ciò, incidentalmente, appare per intero la Geometria Piana… Ma, finora, non vi è alcuna sostanza in nessuno di questi concetti. In effetti non vi sono idee, eccetto l’idea di Distanza e forse l’idea diInfraneità, e di Misurazione angolare; cosicché la Geometria Piana, che ora esiste in teoria, è dopotutto completamente incipiente e incoerente. Non vi è stato alcun approccio alla concezione di una cosa realmente esistente. Non è stato fatto niente di più che creare definizioni, tutto in un mondo puramente ideale e immaginario. Ma ora sopraggiunge l’Abisso. Non si può procedere oltre nell’ideale. Il prossimo passo deve essere il Reale - almeno un approccio al reale. Ci sono tre punti, ma non vi è alcuna idea di dove sia collocato ciascuno di loro. Un quarto punto è essenziale, e ciò formula il concetto di materia… 61= 0; 61+146 = 0 quale Indefinito (Spazio); 61+146 +207 = 0 quale base di Possibile Vibrazione; 1. Il Punto: Positivo eppure indefinibile. 2.Il Punto: distinguibile da 1 altro. 3. Il Punto: definito dalla relazione con 2 altri. L’Abisso – fra Ideale e Reale. 4. Il Punto: definito da 3 coordinate: Materia….”.
Crowley morì il primo dicembre 1947, nel più assoluto abbandono, ingiuriato dalla stampa come maledetto e perverso, disprezzato dai più, e assolutamente misconosciuto in quelle che furono le sue qualità profetiche. Il suo operato ha cominciato ad avere un qualche riconoscimento negli anni ’60, all’epoca del movimento hippy, raggiungendo una certa diffusione e venendo apprezzato, oltre che per gli scopi iniziatici, per l’innegabile profondità e chiarezza di pensiero esoterico. La decorazione dei Tarocchi fu uno dei maggiori e più impegnativi progetti della sua vita e rimane ancora oggi quasi un testamento, sicuramente eloquente, come poche altre produzioni, del suo genio incompreso.
Bibliografia essenziale
Crowley A. The Book of Thoth: A Short Essay on the Tarot of the Egyptians, The Equinox, volume III, number 5, vernal equinox of 1944
Ende M. Die unendliche Geschichte, Thienemann Verlag, Stuttgart 1979
Hesse H. Siddhartha. Eine indische Dichtung, S. Fischer Verlag, Berlin 1922
Higgins G. Anacalypsis: An Attempt to Draw Aside the Veil of the Saitic Isis; or an Inquiry into the Origin of Language, Nations and Religions, University Books, New York 1965
Ierace G. M. S. Aleister Crowley, la Grande Bestia, Gli Arcani, pag. 66-69, anno II, n°10, marzo 1973
Ierace G. M. S. la voce «Crowley» sull’Enciclopedia L’Uomo e l’Ignoto, pag 342-344, vol. II, Armenia, Milano 1978
Ierace G. M. S. Aleister Crowley, Gli Arcani, pag. 110-112, anno VII, n° 5, maggio 1978
Ierace G. M. S. La decorazione dei Tarocchi di Crowley, Sixtrum (prima serie), anno II, n° 1, Equinozio di Primavera 1981
Ierace G. M. S. Il Grimorio Grantiano, Sixtrum” (prima serie), anno III, n°1, Equinozio di Primavera 1982
Ierace G. M. S. Magia Sessuale, Armenia, Milano 1982
Ierace G. M. S. Introduzione a Il Trattato di Astrologia Magica” di A. Crowley, Basaia, Roma 1984
Ierace G. M. S. Introduzione a Il Simbolismo dei Tarocchi di Piotr D. Ouspensky, Basaia, Roma 1987
Ierace G. M. S. Prefazione a I Tarocchi Divinatori di Papus , Basaia, Roma 1988
Ierace G. M. S. L’Iniziazione nell’Età dell’Acquario- Interpretazione del Liber Oz, Primordia, anno VI, n°XV, Equinozio di Primavera 1997
Meyrink G. Das grüne Gesicht, Verlag G. Müller, München 1917
Praz M. La Carne, la Morte e il Diavolo nella Letteratura Romantica, Soc. editrice la cultura, Milano-Roma 1930
Schulz-Theiler H. Judas und sein Sohn Ger, Jason Verlag, Munster 1989