di Giuseppe M.S. Ierace
Il gioco delle carte ha contenuto spesso, nel suo complesso simbolismo, il possibile sovvertimento di quei dati ritenuti canonici, il quale costituisce per eccellenza l’icona del significato filosofico degli Arcani dei Tarocchi e del normale “gioco” della vita.
Difatti proprio per antonomasia il gioco è sinonimo di cambiamento, di instabilità, di imprevedibilità; la nostra stessa esistenza ha un aspetto ludico che trascende le medesime nostre intenzioni e persino la volontà, soggetta com’è a mosse e a situazioni talvolta assai ingarbugliate, ma che a volte possono anche sciogliersi per incanto oppure ricomporsi a favore. Il giocatore, succube del fato, conduce la battaglia manichea del bene e del male contro avversari ignoti; nelle sue mani le carte divengono armi di un combattimento nel quale gli si potrebbero continuamente rivoltare contro. Ma i simboli ivi raffigurati attirano la sua attenzione, ne eccitano la mente. Il fascino che tali immagini esercitano è impalpabile, ma potente, il loro linguaggio arcano, ma suscettibile d’un intuito sottile. Il colore, il segno, il valore numerico rivelano probabilità e chances, delusioni e allarmi, combinazioni astute, e imprevedibili metamorfosi.
A tal proposito occorre citare lo storico Georges Duby (1919-1996) quando ritiene che l’immaginario abbia altrettanta realtà del materiale.
Il secolo dei Lumi ha saggiato questo terreno, dapprima lasciato passivamente nelle mani della sorte predestinata, e trasformato, con scienza e arte, e con la filosofia che scava nel profondo dell’animo umano, i simboli tradizionali in quelli della rivoluzione della classe borghese, di quella classe intermedia, la quale, prendendo coscienza di sé, si è ribellata allo strapotere dei nobili e ha prodotto le basi della democrazia.
Ecco, l’abbinamento del gioco e della rivoluzione francese è stato sintetizzato da Gogol nell’affermazione: ”con le carte in mano, gli uomini sono tutti uguali” (“Мёртвые души, Mërtvye duši, Mjortvyje duši”, 1842).
“Tra rivoluzione e simboli, in pratica, si viene a creare un legame, un intreccio particolare, tanto che a volte il simbolo stesso assume un valore nettamente superiore nei fatti. La forza di una rivoluzione, potremmo dire, si può valutare proprio dall’importanza che i simboli di quella rivoluzione, riescono a sviluppare”, scrive Michele Palumbo ne “I Simboli della Rivoluzione Francese ovvero Le Carte da Gioco”(Schena editore, Fasano,1999).
“Le carte della rivoluzione Francese vengono realizzate in quanto ai rivoluzionari si pone un problema: perché continuare ad avere sulle carte le figure ed i termini di Re e Regina se, invece, nella realtà, i regnanti sono stati ghigliottinati fisicamente e cancellati ideologicamente e costituzionalmente?… I piccoli simboli di carte, cioè, devono servire a far apprendere, anche nel profondo dell’animo, che il re è scomparso non solo come figura fisica, ma anche come semplice figura”.
Due stampatori, Jhamphoux e Arnoux, realizzarono per primi un mazzo di carte dal quale sono stati eliminati corone e scettri. Seguono le carte di Debeine di Reims e Veuve H. Mouton di Lille. Finché, nel 1793, Gayant e Saint-Simon attuano un’ulteriore “rivoluzione” delle carte, appena successiva a quella del calendario. L’anno sarà di dodici mesi di tre decadi (più cinque giorni “sanculottidi”, consacrati alle feste della Repubblica), ribattezzati con termini “malinconici come vendemmiaio, brumaio, frimaio, cupi come nevoso, piovoso, ventoso, festosi come germinale, floreale, pratile, ricchi e allegri come messidoro, termidoro, fruttidoro”.
Gayant sostituisce i semi: Forza (fiori), Temperanza (quadri), Prudenza (picche), Giustizia (cuori); i fanti con i soldati; le regine con le virtù; i Re con i filosofi, rispettivamente Rousseau (volontà democratica), Voltaire (ragione), Molière (ironia), La Fontaine (fantasia).
Nella Biblioteca Nazionale di Parigi, oltre agli originali del mazzo di Gayant , detto “Il gioco dei Filosofi” , viene conservato anche quello stampato da Jaume e Dugourc, ma ideato da Saint-Simon, e conosciuto come “il Gioco delle carte rivoluzionarie”.
Saint-Simon disegna sulle carte l’ ideologia stessa della Rivoluzione quale elemento centrale del cambiamento. Al posto dei fanti pone i princìpi di Uguaglianza: di razza per i quadri, di condizione sociale per le picche, dei doveri per i cuori, dei diritti per i fiori. Invece delle Regine mette le Libertà: rispettivamente di professione e lavoro, di stampa, di culto, di matrimonio. In luogo dei Re vi sono i geni: del commercio, delle arti, della guerra e della pace. Sugli Assi infine il seme racchiuso da una ghirlanda riporta la didascalia “République française”- “La Loi”.
Alla fine del secolo anche sulle carte italiane comparirà il berretto frigio e saranno arricchiti i motivi floreali con espliciti richiami ideologici alla “trinità” di “Liberté, Égalité, Fraternité” (!).
Bibliografia essenziale
Duby G., Les trois ordres ou l'imaginaire du féodalisme, Gallimard, Paris 1978
Gogol N., Les Âmes mortes, Tériade Éditeur, Paris 1948
Palumbo M., I Simboli della Rivoluzione Francese ovvero Le Carte da Gioco, Schena editore, Fasano 1999