Saggi Iconologici sui Trionfi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

La Papessa Maifreda

Indagine sulla Papessa dei Tarocchi Visconti del sec. XV

 

di Marcos Mendez Filesi


Due strane Papesse


Si sono conservate solo due carte della Papessa dipinte a mano nel XV secolo. La prima appartiene alla collezione Pierpont Morgan Library mentre l'altra fa parte di una serie di sei carte, datate fine XV secolo, vendute nel 1974 da un antiquario milanese al Museo di Belle Arti di Vitoria-Gasteiz, e incorporate nella collezione Fournier. Tra queste sei, due sono Trionfi, la Papessa e l'Imperatore, ma, come ha osservato Michael Dummett, è probabile che la carta della Papessa appartenga ad un mazzo diverso dalle altre, dal momento che è più piccolo e ha il dorso nero anziché rosso.



                     papessa 2                       Papessa 1                 


           A sinistra:  Papessa dai Tarocchi Pierpont Morgan A destra:  Papessa dalla collezione Fournier 
                            (© Per gentile concessione di Bibat Arkeologia Museoa Fournier Playing Card)



In entrambe queste due carte, la rappresentazione della Papessa è lontana dai canoni considerati abituali. La Papessa Pierpont reca tre caratteristiche insegne papali: la tiara, l'asta sormontata dalla croce e la Bibbia. Tuttavia, il vestito non ha nulla a che vedere con l'abbigliamento proprio del Papa, essendo quello di una suora. Si tratta di un'ampia tunica marrone, accompagnata da un velo bianco che copre i capelli e i lati del viso. Sotto il petto porta una corda con tre nodi ben visibili, mentre le due estremità della corda sono nascoste dal mantello. Secondo la leggenda, questo cordone simbolico, elemento caratteristico dei Francescani, proviene da Francesco d'Assisi. Per motivi di conformazione, i monaci usavano una cintura di cuoio, ma Francesco decise di cambiarla con questa corda, molto più umile e semplice. In origine, aveva tre nodi che simboleggiano i tre voti dell'Ordine: obbedienza, povertà e castità.


La Papessa della collezione Fournier è molto simile, ma la tunica è nera e il mantello di un colore marrone scuro. Le estremità della croce del pastorale sono aumentate, consentendo di distinguere meglio la sua forma. Kaplan sostiene che si tratti di una croce di Malta, ma a più croce greca. In ogni caso, tale dettaglio non appare rilevante in quanto sembra più obbedire al gusto dell'artista che lo dipinse. Il libro non è completamente nero, ma ha un bordo rosso che sembra confondersi con il colore del mantello. Sulla destra, sotto il vestito, appare una curiosa macchia rossa che Ross Caldwell associa ad un ornamento delle calzature atte a mettere in evidenza la sua dignità ecclesiastica.


La Guglielmina


Nel suo saggio pionieristico sui tarocchi, The tarot cards painted by Bonifacio Bembo (I Tarocchi dipinti da Bonifacio Bembo), Gertrude Moakley collegò la Papessa del mazzo Pierpont Morgan ad una lontana antenata di Filippo Maria Visconti, una suora di nome Maifreda Visconti Pirovano, che venne nominata Papessa di una setta eretica della Lombardia conosciuta come i "Guglielmiti". La fonte documentaria migliore a nostra disposizione dove è possibile apprendere notizie sui Guglielmiti è rappresentata dagli atti del processo avviato nei loro confronti dall'Inquisizione nel 1300. In sostanza, questo gruppo sosteneva che Dio aveva ancora una volta inviato un altro figlio sulla terra, ma che in tale occasione si trattava di una donna. Lei stessa si era chiamata Guglielma di Boemia affermando che la sua nascita venne annunciata alla presunta madre, la regina Costanza di Boemia, dall'arcangelo Raffaele, che le aveva spiegato che la sua missione sulla terra avrebbe salvato gli Ebrei, i Saraceni e i falsi cristiani, allo stesso modo con cui Cristo aveva salvato i veri cristiani.

 
Accompagnata da suo figlio, Guglielma giunse a Milano nel 1262, dove venne accolta dai monaci dell'Abbazia cistercense di Santa Maria de Chiaravalle. Grazie alle sue doti di guaritrice e al suo carisma, sorse intorno a lei un movimento più o meno clandestino sostenuto dai monaci di Chiaravalle, movimento che risultò molto interessante ad alcune donne lombarde per le connotazioni femministe. I suoi due più ferventi sostenitori furono Andrea Saramita, un laico collegato all'abbazia, e Maifreda Pirovano, una cugina di Matteo Visconti (signore di Milano tra il 1311 e 1322), che venne chiamata Papessa del culto, come dichiarato in un documento d'accusa degli atti inquisitori.


«(10). Che la suora Maifreda sarebbe vera papessa ed avrebbe la piena e vera autorità di vero papa; ch'essa sarebbe in terra la vera vicaria dello Spirito Santo, perchè siccome lo Spirito Santo in forma di donna era nella Guglielma, cosi la Maifreda dovea assere la vicaria Della Guglielma in forma di donna; che il papa e il papato Della Chiesa romana ch'era allora e i riti e l'autorità d'essa e la curia dei cardinali dovea cessare; che la suora Maifreda avrebbe la predetta autorità del papa e del papato Della Chiesa romana; che a un tempo eziandio avea a battezare i giudei, i saraceni e tutte l'altre nazioni che son fuori del grembo della Chiesa romana e non ancora battezzate»


Guglielma morì nel 1281 e le sue ossa furono sepolte nella cappella del cimitero di Chiaravalle. I Guglielmiti pensarono che sarebbe tornata sulla Terra durante la Festa di Pentecoste del 1300, periodo ritenuto quale preludio all'Apocalisse. Tra gli altri rituali, celebravano durante l'anno tre festività: la prima a Pentecoste, la seconda il 24 agosto, giorno in cui morì Guglielma, e il terzo nel mese di ottobre, ricorrenza della sepoltura ufficiale di Guglielma presso l'abbazia. Per diversi anni, la sua tomba venne venerata e si parlò anche di miracoli da lei operati riguardanti la salute.


«Lo stesso sepolcro poi di Guglielma iluminavano i di lei segnaci con ceri e lampade accese: più ponevano sovr'esso delle ostie, quali si usano da sacerdoti nella messa, quasi che da quel contatto venissero santificate e diventassero potenti a cacciare le infermità. Gli ammalati pertanto con grande riverenza le mangiavano, ricevendole dalle mani principalmente della Maifreda, come quella che anche in questo ministero sembrava farla da vicaria della Guglielma» (1).


Non sappiamo con certezza quante persone partecipassero al movimento. Negli atti inquisitori vengono citati una trentina fra uomini e donne, ma è probabile che fossero molti di più, appartenenti soprattutto agli Umiliati, un ordine religioso diffusosi in Lombardia nel corso del XIII e XV secolo. Il centro nevralgico del culto era l'Abbazia di Chiaravalle, anche se non possiamo escludere che si fosse diffuso ad altri siti religiosi legati alla Umiliati, come il "convento" di Biassono, dove Maifreda visse in un primo momento. Durante il processo, si scoprì che in alcune chiese erano state esposte le immagini di Guglielma sotto le mentite spoglie di Santa Caterina, come in Santa Eufemia e nella stessa Santa Maria Maggiore, entrambe a Milano.


l movimento dei Guglielmiti non era molto diverso da altre associazioni di donne religiose dell'epoca, chiamate genericamente Beghine. Queste associazioni iniziarono ad emergere dal XII secolo, soprattutto nelle Fiandre, in Francia e nella Germania meridionale. Come spiega Margaret, Wade (2) le Beghine si riunivano in case situate nei pressi di ospedali, abbazie o lebbrosari. Erano di origine umile, perché i monasteri erano di solito riservati alle donne più ricche. Spesso stabilirono proprie normative, pur essendo state ufficialmente incaricate da un prete o da capi spirituali di altri ordini. Non furono rari i casi in cui vennero perseguitate, per lo più con l'accusa di eresia.


Nel 1300, in un contesto di crescente tensione tra i Visconti e il Papato, i Guglielmiti caddero nelle mani dell'Inquisizione. Dopo un duro interrogatorio, la Papessa Maifreda, Andrea Saramita e gli altri componenti del movimento furono, nel settembre 1300, arsi vivi. Accanto a loro, furono bruciati i resti di Guglielma. Eppure, come ha dimostrato Barbara Newman (3), il culto in qualche modo perdurò, dato che nel XV secolo, si diffuse una leggenda popolare sulla "santa" Guglielma. Si tratta di una versione molto edulcorata, dove Maifreda non è menzionata e Guglielma diviene una specie di regina ungherese gelosa della sua castità. Il testo da cui nacque la leggenda è la Vita di S. Guglielma regina d'Ungheria, scritto intorno al 1425 da un frate francescano di nome Antonio Bonfadini (4).


In alcune località, la credenza del popolo sulla santità di questa Guglielma è durata fino ad oggi. Questo è successo per lo meno nel piccolo paese di Brunate, nel nord della Lombardia, nella cui chiesa di S. Andrea Apostolo si trova il ritratto di Guglielma che impartisce la benedizione a Maddalena Albrizzi, nel XV secolo badessa del convento degli Agostiniani, e a suo cugino Piero Albrici, che pagò la realizzazione del dipinto. Nel 1842, il parroco di S. Andrea scrisse una lettera in cui spiegò allo storico Michele Caffi che la persona rappresentata nell'affresco era Guglielma:


«È viva in Brunate una tradizione, che qui sia anticamente venuta ad abitare per più anni una signora d'oltremonte, per nome Guglielma, costretta a partire di casa per domestica sventura, e che il marito di lei, avutane notizia, sia qui venuto a ricondurla in patria. In questa chiesa parrocchiale si ha una sua immagine a fresco (venerata dalle pie persone, che qui in alcuni mesi dell'anno intervengono), che mi pare dell'anno 1450 o circa» (5).

 

                                              Maifreda


            Santa Guglielma benedice Maddalena Albrizzi e il cugino Piero, Chiesa di San Andrea, Brunate
Newman identifica le due figure inginocchiate come Maifreda e Andrea Saramitano, ma, come rilevato  da Ross Caldwell,  è molto più probabile si tratti di Maddalena Albrizzi, badessa del convento degli Agostiniani nel XV secolo, così come prova il suo abito nero. (Per gentile concessione di © Ross Caldwell)


La Papessa Maifreda?


La possibilità che le Papesse dei Tarocchi della Pierpont Morgan Library e della collezione Fournier possano far riferimento a Maifreda è avvalorata da ferventi sostenitori, come la stessa Newman: "La Papessa dei Tarocchi Visconti-Sforza è [...] Suor Maifreda da Pirovano, un' attribuzione fatta per la prima volta nel 1966 da Gertrude Moakley, molto prima che gli storici moderni avessero riscoperto i Guglielmiti". Nel suo web log, la storica dei tarocchi Mary K. Greer appare ancor più convinta:


«Sembra ragionevole concludere che Bianca Maria Visconti abbia avuto una speciale devozione per la donna che, 150 anni dopo essere stata condannata dalla Santa Inquisizione, tanti Lombardi veneravano come una santa, onorando in lei un membro della primigenia famiglia, Maifreda, che servì come vicario di Guglielma - nascondendosi in bella vista come un'allegoria della Fede. Lasciatemi porre la domanda circa l'origine in un modo leggermente diverso: sarebbe stato possibile per Bianca Maria Visconti non aver visto questa carta come Maifreda?» (6).


Tuttavia, per confermare questa ipotesi devono essere prima risolti tre problemi fondamentali. In primo luogo, esistono dettagli iconografici relativi alla Guglielmina nella Papessa Pierpont e Fournier? In secondo luogo, quali conoscenze poteva avere Bianca Maria Visconti di Guglielmina? I fatti storici del 1300 o la leggenda di Bonfadini in cui appare Maifreda? E in terzo luogo, è stato trovato un documento che dimostra l'interesse di Bianca per Maifreda?


Le due Papesse Viscontee sono atipiche. Non indossano un vestito papale, ma la tunica e il velo tipici delle monache. Questo dettaglio è importante perché in primo luogo Maifreda era stata una suora Umiliata e poi Guglielmina, ma bisogna anche tener conto del colore dell'abito. I principali ordini religiosi attivi nel nord Italia nella seconda metà del XV secolo furono i Francescani, il cui abito era marrone; i Domenicani, che indossavano una tunica bianco e un cappuccio nero; gli Agostiniani, con abito nero e gli Umiliati, vestiti di bianco. Secondo il verbale dell' Inquisizione, l'abito dei Guglielmiti era "Morello, cioè scuro, e che la menzionata Guglielma portava abiti di color marrone moreto". Per le sfumature della frase, possiamo dedurre che in questa occasione il termine "Morello" si riferisce ad un color marrone molto scuro, quasi nero. In base a questi colori, l'abito della Papessa della Pierpont sembra ispirato al saio francescano, e anche se fosse un po' più scuro potrebbe identificarsi con gli abiti dei Guglielmiti, come appare più evidente nel caso della Papessa Fournier.


Il dettaglio della corda è oltremodo ambiguo. Si è tentati di relazionarla con il famoso cordone francescano. In effetti, le rappresentazioni di Chiara d'Assisi, fondatrice delle Clarisse, l'ordine femminile dei Francescani, la mostrano con la veste marrone e la corda annodata. Tuttavia, è anche vero che accadde un curioso miracolo sopra tre nodi apparsi nel cordone di un abito in occasione di una festa dei Guglielmiti:


«In questa camera alla presenza di tutte le summentovate persone suor Maifreda disse che la signora santa Guglielma aveva ordinato a lei suor Maifreda di dire a tutti gli astanti che ella era lo Spirito Santo, vero Dio e vero uomo; che pertanto tutti i predetti là presenti non avrebbero comparsi alla presenza di lei. E aggiungeva la predetta suor Maifreda: "Sia di me quel che può essere". E del pari disse l'Allegranza di ricordarsi che la predetta signora Carabella in quella casa sedeva allora sul suo propio mantello, e che quando ella si fu levata, trovò che nella cintura o corda del suo mantello s'eran fatti tre gruppi che prima non v'erano: e si fecero intorno a ciò le maraviglie e le bisbigli fra di loro, e molti fra essi e la stessa testimone credeva ciò essere un gran miracolo».


Bianca Maria Visconti poteva essere a conoscenza di tali dettagli del grande atto inquisitorio. Questo documento è stato scoperto per caso in una drogheria di Pavia da Valerio Matteo (1582-1645), priore del monastero della Certosa di Pavia, il quale lo consegnò allo storico Giovanni Puricelli, che a sua volta lo lasciò in eredità alla Biblioteca Ambrosiana, dove si conserva tutt'oggi. Il fatto che quegli atti apparvero a Pavia nel XVII secolo e non negli archivi dell'Inquisizione di Milano è un altro grande mistero. Secondo Newman, potrebbe essere dovuto al fatto che Matteo Visconti, cugino di Maifreda, si impossessò del documento, quando anni dopo venne accusato di eresia:


«Credo che la più probabile spiegazione della sparizione del manoscritto sia che Matteo Visconti lo confiscasse ai Domenicani intorno al 1317, quando "violentemente espulse da Milano quattro inquisitori di eretici chiamati dall'autorità del Papa Signore". "Se il documento incriminava non solo suo cugina Maifreda, ma anche suo figlio Galeazzo, il suo amico Francesco da Garbagnate, e molti dei suoi consiglieri di fiducia, avrebbe avuto buone ragioni per farlo [...].


»Come per tutti gli argomenti senza prove documentarie, questo rimane a livello di speculazione, ma sembra essere meglio adatto di ogni teoria alternativa. Per esempio, si spiegherebbe il perché il manoscritto sia stato alla fine trovato a Pavia, dato che lì venne ospitata la vasta libreria Visconti-Sforza prima che fosse saccheggiata e dispersa nel XVI secolo, dopo la caduta della dinastia. Tuttavia, la mia teoria pone una domanda imbarazzante: se Matteo Visconti ritenne opportuno confiscare gli atti di prova, non appena ne ebbe l'opportunità perché non li distrusse semplicemente, piuttosto che conservarne una versione espurgata? La risposta, a mio avviso, va ricercata nel fatto che nonostante l'Inquisizione, i Visconti continuarono a custodire la memoria di Santa Guglielma e Suor Maifreda, determinati a far conservare un registro del loro movimento religioso in mano a privati ​​dove la conoscenza non poteva fare male più di tanto».


L'ipotesi è suggestiva. Se fosse corretta vorrebbe dire che Bianca Maria era in grado di leggere personalmente la verità sulla sua antenata Maifreda, ma di questo non se ne può essere certi fino a quando non saranno scoperti documenti che ci informino dove esattamente fossero conservati gli atti nel XV secolo. Né possediamo prova documentale che Bianca fosse interessata a Maifreda, anche se avrebbe potuto esserlo per Guglielma, almeno nella sua versione edulcorata del XV secolo. Secondo Newman, Bianca intervenne in varie occasioni a favore di Maddalena Albrizzi, badessa, a quel tempo del convento di S. Andrea, dove vigeva il culto di Guglielma. Pertanto, Maddalena potrebbe avere trasmesso a Bianca il suo entusiasmo per Guglielma, come Newman afferma, anche se mancano testi che avvalorano questa congettura.


Un'alternativa ragionevole e più semplice a spiegare la peculiare iconografia della Papessa della Pierpont, da cui derivò quella della collezione Fournier, è che Bonifacio Bembo si fosse ispirato all'iconografia di Chiara d'Assisi e delle Clarisse, dato che fin dal 1429 esisteva un convento di questo ordine a Cremona, città prediletta da Bianca Maria. In realtà, proprio al tempo della progettazione di questo mazzo, le Clarisse erano tenute in grande considerazione da Caterina Vigri, nota anche come Caterina di Bologna (1413-1463). Ella era figlia di un nobile di Ferrara e venne educata alla corte estense, dove divenne dama di compagnia di Margherita, figlia di Niccolò. Nel 1428 entrò nell'ordine delle Clarisse e nel 1456 venne nominata badessa del convento dell'ordine a Bologna. Scrisse diversi libri di cui ella stessa era responsabile dell'illustrazione e si dedicò anche alla pittura. Inoltre, come ha rilevato Rosanne Oakley-Browne, l'iconografia di entrambe le figure è coerente con gli elementi simbolici che le Clarisse portavano in particolari occasioni durante il Rinascimento nel Nord Italia: un asta simile a quello papale (férula) e una mitra.


La conclusione è che non possiamo definire nulla. Fino a quando non verranno trovati nuovi documenti la questione rimane aperta. Mancano motivi soddisfacenti per affermare che la Papessa Pierpont e Fournier rappresentano la Papessa Maifreda e non sono sufficienti per confutare l'ipotesi della Moakley.



                                       Santa Chiara


                                     Simone Martini, Santa Chiara e Santa Elisabetta d'Ungheria (1322-1326)
  Per dipingere la Papessa Pierpont Morgan, Bonifacio Bembo potrebbe aver attinto all'iconografia delle Clarisse,
                                           caratterizzata da abito marrone e corda legata intorno alla vita.


Note


1
- Tutte le citazioni dal processo provengono da Pietro Tamburini, Storia Generale dell'Inquisizione, Volume 2, Milano, 1866. Si veda in Google Libri.
2 - Margaret Wade, La mujer en la Edad Media (Le donne nel Medioevo), Nerea. Donostia-San Sebastián, 2003. Si veda in Google Libri.
3 - Barbara Newman, The heretic saint: Guglielma of Bohemia, Milano e Brunate, "Church History", marzo, 2005. Visualizzazione online.
4 - Antonio Bonfadini, Vita di S. Guglielma regina d'Ungheria. Non si riscontra alcuna edizione online.
5 - Michele Caffi, Dell'Abbazia di Chiaravalle in Lombardia, Milano, 1842. Si veda in Google Libri.
6 - Mary K. Greer, Blog personale. 


Sull'autore, componente dell'Associazione Le Tarot, si veda Marcos Mendez Filesi