Inserito il 7 marzo 2021
Si riportano di seguito tutte le ottave riguardanti la festosa processione dei Trionfi descritti da Leonardo Colombino nel suo Il Trionfo tridentino. Informazioni al riguardo al saggio I Tarocchi in Letteratura I. Esse furono pubblicate nel 1858 da Pietro Larcher in un volume dedicato a due sposi: il cugino dell’autore, Vincenzo Larcher che aveva preso in moglie la Sig.ra Maria de Ciani.
Le ottave riportate dall’autore riguardano tutti i Trionfi a eccezione del Diavolo, esclusione comprensibile se si considera il motivo della sua iniziativa dedicata a due sposi, non volendo quindi introdurre nulla che potesse turbare l'armonia di quel fausto giorno. Abbiamo pertanto recuperato l’ottava del Diavolo da altra fonte.
Dobbiamo inoltre far osservare che il Larcher ha modernizzato la lingua originale, pur mantenendo il significato dei termini e dell’intere ottave. Ad esempio, la parola ochi diviene occhi e maraviglia è sostituito da meraviglia, mentre dongiel è trasformato in donzel e così via.
L’opera del Larcher venne pubblicata nel 1858 a Trento dalla Tipografia di G. Marietti con il titolo Il Trionfo Tridentino di Leonardo Colombino, MDXLVII [1547] 3 maggio.
A ciascun Trionfo venne dedicato dal Colombino un’ottava, a eccezione del Mondo a cui riservò due ottave e dell’Angelo con tre ottave.
Una particolarità: fra i componimenti dei Trionfi dei Tarocchi appropriati, questo Trionfo è l'unico ad aver dedicato un’intera ottava a un uomo, il Sig. Francesco Giardiniero a cui il Colombino attribuisce il Trionfo del Saggio-Matto, secondo un accostamento da noi spiegato nel saggio iconologico Il Matto (Il Folle).
Nel riportare quanto descritto dal Larcher, oltre all’ottava del Diavolo, abbiamo aggiunto per ciascuna ottava il Trionfo di riferimento e, per due Trionfi i versi originali atti a un confronto con quelli riportate dal Larcher, desunti da un articolo di Patrizia Cordin sul medesimo tema. Per quanto attiene il cognome delle Signore che presero parte all’evento, abbiamo corretto quelli del Larcher sostituendoli con gli originali così come si ritrovano nella genealogia familiare del tempo.
Di seguito, l’ordine dei Trionfi che sfilano nel Corteo:
Il Mondo, la Giusticia, l’Angelo, il Sole, la Luna, la Stella, la Saetta, il Diavolo, la Morte, la Fama, la Traditora, il Vecchio, la Rota, la Fortezza, l’Amore, il Carro, il Papa, l’Imperatore, l’Imperatrice, il Bagatello, Il Saggio-Matto.
Rispetto all’ordine tradizionale, manca la Temperanza e la Papessa, sostituiti dalla Fama.
LE SIGNORE DEL TRIONFO TRIDENTIVO
Francesca Fiscaletta Il Mondo
Masenza Pava La Giustizia
Margarita Lasina L'Angelo
Barbara Malanotta Il Sole
Madalena Tabarelli La Luna
Giovanna Roccabruna La Stella
Cassandra Corra La Saetta
Bartolomea Podestessa Il Diavolo
Isabetta Cerotta La Morte
Genevra Cazzuffa La Fama
Non so ‘l nome La Traditora
Lucrezia Bassa Il Vecchio
Barbara Arcangela La Rota
Elena da le Poste La Fortezza
Bradamante Cesenina L'Amore
Anna Girolda Il Carro
Cornelia da Trilaco Il Papa
Lucrezia Quetta L'Imperatore
Angiola Geremia L'Imperatrice
Alda Malpaga Il Bagatello
Il Sig. Francesco Giardiniero Il Saggio . Il Matto
Il Mondo
Dinanzi all'altre vien con lieta fronte
Il Mondo, in cui le muse il tempio han sacro,
Quel de' poeti è 'l sì famoso monte
Dove che nasce il Castaglio lavacro.
Per esser di beltà costei la fonte
Brama ciascuno avere un simulacro
Di quell'aspetto si gentile e vago,
Che mai pinse pittor più bella immago.
Ebbe di questa sol Zeusi in Crotone
Bisogno allora che le cinque volse
Per far la bella immagin di Giunone,
Di che 'l saggio pittor credo si dolse.
E se stata ancor fosse al paragone
Con le tre belle dive, allor che tolse
Venere il pomo d'or di preggio tanto,
Questa Francesca aýrebbe avuto il vanto,
La Giustizia
Di porpora con bianco e sottil velo
Adorna la Giustizia vien seconda
Tenendo ne' begli occhi il dolce telo
Della ragion, di ch'ella tanto abbonda:
Di cui non potea già 'l motor del cielo
Mandar donna più giusta o più gioconda,
Umile e casta e di maggior prudenza,
Quaggiù di questa Pava alma Massenza.
L’Angelo
Nelle migliaia di pensier conquiso
Resto, se questa eccelsa impresa togljo:
Se 'l colorito e grazioso viso,
Se 'l divo aspetto in versi cantar voglio
Dell'Angel nato in mezzo al paradiso,
Per cui vergar convienmi più d'un foglio:
Daria principio sì, ma le divine
Sue lodi, non potria condur' a fine.
S'unqua mertò di ormarsi gemma in oro,
Merta questa preziosa Margherita;
Se mai corona aver donna di aloro
Fu degna, che in Parnasso sia salita,
Più d'altre il merta, ascesa all'alto córo,
Costei, nel cuor del servo suo scolpita,
A cui s'ogni onor debito dar deggio,
Del bel Trionfo ha tutto ‘l vanto e 'l preggio.
Vestita a bianco, d'ogni almo costume Vestita a bianco, d'ogni almo costume oranta,
Ornata, lenta vien con basse ciglia, vien pian pian con basse ciglia,
E ben par nunzio del celeste nume e ben par nunzio dil celeste Nume,
Della cui grazia ognun si meraviglia; di cui grazia ognun si maraviglia;
E in mano avendo un bianco giglio, e piume e in man avendo un bianco giglio, e piume
Nelle verdeggianti ali, ben somiglia ne le verdeggianti ali, ben simiglia,,
Se talor parla, a quella voce pia (se talor parla) a quella voce pia
Che disse in Nazarete: Ave, Maria. che disse in Nazaréth: Ave Maria
Il Sole
Gli occhi abarbbaglia all'apparire il sole
A quelli almi signor coi raggi ardenti,
E del giardin le rose e le vïole
Impallidiscon pei fervor cocenti.
Nè l'acqua della fonte vietar puole
Che l'ossa penetrarsi ognun non senti,
Per questa donna dolce più del mele
Che a ognun si mostra Barbara crudele.
La Luna
Vien Maddalena la formosa fata
Che al mondo giorno e notte dà splendore
Con faccia tanto bella e delicata
Di castità regina, gloria e onore;
Di virtù, di bontà cara ed ornata
Per grazia singolar del gran motore
Concessa a questa ognor lucente luna,
Che mai non varia lume, mai s'imbruna.
La Stella
Ciascun che di beltà scriver s'induce
Non lasci questa già per altra Stella,
Che più di quanto ha 'l ciel dà chiara luce,
Nè chi segue costei cade in procella.
Anzi Cupido per sua scorta e duce
Ha disegnata esta Giovanna bella
A chi scrive d'amor, ch’abbia conforto
Condur d’ogni alto mar sua nave in porto.
La Saetta
Son gli occhi di Cassandra la Saetta
Con cui fa 'l Dio d’amor si degne imprese,
Alla cui giunta nel giardino in fretta
Senz'altra guerra a quella ognun si rese,
Anzi gentil s'offerse far vendetta
Di chi a' servi d'amor facesse offese;
Poichè d'amor ribelle alcun non vede,
Andò con gli occhi bassi a l'aurea sede.
Il Diavolo
Apena il Diavolo nel giardin comparse
Che già scandalizar comincian molti,
Tanta zizania dai belli occhi sparse
A chi nel mal oprar vi eran già involti.
Ma a questa Podestessa già non parse
Che in gratia alcun di lor fossero tolti
E altri che il suo consorte mai in eterno
Non speri entrar la porta del suo inferno.
La Morte
Non è deforme come i pittor fanno
Con la sua falce nè crudel la morte;
Chè Isabetta non ha cuor di tiranno,
Nè ancora di pietà chiuse le porte.
Quei che per le sue mani a morir hanno
Chiamin propizio il ciel non che la sorte:
Chè non ha infamia, anzi immortale onore,
E fa bel fin chi degnamente muore.
La Fama
Questa gran Dama, che la bella schiera
Seguendo viene, al mondo è tanto in preggio,
E sempre in sua fiorita primavera,
Mercè le sue virtù prosperar veggio.
A cui la morte e il tempo indarno spera,
Benchè si sforzi, arrecar macchia o sfreggio;
Chè di Genevra le bellezze han sponde
Valide a ostar di Lete all' avid’onde.
La Traditora
Vo ricercando questa causa e quella
Nè so, nè posso immaginarmi come
Sia traditora questa donna bella
Che ha sì leggiadro viso e ornate chiome.
Nè so come di fede sia ribella
Costei, di cui noto non emmi il nome:
E se pur fosse, non merta altro laccio
Che di morire al suo signore in braccio.
Il Vecchio
Se Lucrezia contemplo, e in lei mi specchio,
Che di virtù, d'ingegno abbonda tanto,
Dirò, che al mondo mai non fu tal vecchio.
D’ogni grazia dal ciel dotato, quanto
Costei di che 'l bel viso è un chiaro specchio
D' ogni beltà, d'ogni costume santo,
Tal che donna costei ben parmi degna
D'amor e castità d’aver l'insegna.
La Rota
Ora mio nume, la mia mente ispira,
Ch'io non so quel che di costei ragioni,
Perchè mentre sua rota intorno gira,
Mi lascia in fondo ognor senza cagioni:
Nè mi giova cantando, o colla lira
Il palesarle mille mie ragioni;
Tal che se a tutti è come a me ritrosa,
Mi par empia, crudel, barbara cosa.
La Fortezza
Del re di Sparta l’avenente moglie
Non fu più bella già di questa Elèna,
Nè mai fece d'amanti tante spoglie
Ella di cui pare ogni storia piena,
Quante costei, per forza alle sue voglie
Di castità ne colse alla catena;
Di cui s'è vista far più d'una prova,
Chè calcitrar per sciogliersi non giova.
L’Amore
Senza la benda agli occhi il Dio d'Amore
Segue con li dorati strali e l'arco.
A questo e a quello saettando il core,
Pieno di crudeltà, di pietà parco;
E da' begli occhi sparge un tanto ardore
Che ognun di foco già si sente carco,
Ed infiammarsi dal capo alle piante
Per questa Cesenina Bradamante.
Il Carro
Non fu tal Carro nell' olimpio gioco
Mai visto, o in Roma trïonfar nè altrove.
Nè sì pomposo come in questo loco
D'oro, di gemme tutto adorno, dove
Par che conduca l’amoroso foco
Da far, non che mortali, accender Giove.
E pur di questa il signorile aspetto
Dona nel trionfare a ognun diletto.
Il Papa
Cornelia sembra ben quel papa santo,
Che assolver e dannar può il peccatore
Di colpa e pena, abbia commesso quanto
Male si possa, o immaginarsi errore;
Chè sarà in cielo confermato tanto
Come a lei piacerà dal Dio d'amore,
E autoritade avrà quel suo bel viso
Di trar d'inferno ognuno in paradiso.
L’Imperatore
Lucrezia Quetta più d'ogni altra degna
Generalmente appare a ogni persona,
Per l'infinita grazia che in lei regna
Di riportarne l'imperial corona;
E che più a questa che ad altra convegna
Più d’una lira e cetra lo risuona
Con sì sonora voce, ed alto volo
Che s’odon sin dall'uno all’altro polo.
L’Imperatrice
Se le bellezze della Imperatrice
Raccontar voglio tutte d’una in una,
Cui favorevol sempre ed adiutrice
Parve ogni stella, e il sol, nonchè la luna:
I fior di primavera ancor mi lice
Raccontare e gli stati di fortuna,
Di cui tien ora in mano Angiola il crine,
Tal che non spero mai vederci il fine.
Il Bagatello
Co’ suoi begli occhi ed amorosi sguardi
Il Bagatello il cuor tocca ad ognuno,
Anzi il penétra, e par l'infiammi ed ardi
Di mercè privo, e di pietà digiuno:
E di quest’Alda li veloci dardi
Non può evitar de’ spettatori alcuno,
E benchè gli occhi abbassi intorno scorge
Che non par quella, e pur ferite porge.
Il Matto
Con la dorata spada, e adorni panni Con la dorata spada e bravi panni
Dal capo al piè tutto vestito a rosso, dal capo a pièé tutto vestito a rosso,
Quel giovane donzel di settant’anni quel giovine dongiel di settanta anni
Messer Francesco giardinier s'è mosso. misser Francesco giardiner si è mosso,
E con la barba rasa senza affanni e con la barba rasa, senza affanni,
Pavoneggiando viene a più non posso, pavoneggiando vien a più non posso.
E trionfando far volse un bel tratto,
Che scartò fuori de' Tarocchi il matto.