Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

Tarocchi del Mantegna, Serie E Italiana

Immagine del Cosmo e sistema di scrittura simbolico

 

Di Anuar Zacarias, marzo 2023 

 

 

Con “Tarocchi di Mantegna” si denotano 50 incisioni realizzate nel XV secolo in Italia. Studi recenti concordano sul fatto che non sia stato l'artista Andrea Mantegna a crearlo, mentre dalla maggior parte dei ricercatori non viene considerato neppure un tarocco, sia per il numero di immagini sia per il tipo di allegorie, la struttura e i materiali con cui sono state riprodotti, diversi dal canone con cui attualmente si definisce un mazzo di tarocchi. Tuttavia, la concezione di un Gioco dei Trionfi (tarocchi) durante il Rinascimento era molto diversa da quella odierna. Esistono infatti fonti ed elementi di quel periodo che suggeriscono che i Tarocchi di Mantegna fossero considerati un Gioco dei Trionfi. Una di queste fonti è il manoscritto quattrocentesco del filosofo e poeta Ludovico Lazzarelli, che scrive su queste immagini e ne riproduce 23 nel De Gentilium Deorum Imaginibus (1471). Nella sua prefazione afferma che:

 

“ora mi occupo di quelle che il popolo ignorante e la folla incosciente

chiama «trionfi» e macchia con rozzo tatto, le immagini e le forme degli

antichi dei: ora disegno con le parole come i pittori con i colori 1“.

 

La tesi del Lazzarelli implica che le immagini dei Tarocchi di Mantegna fossero usate e comunemente note come “trionfi”. Tuttavia, per il filosofo e poeta il loro significato era molto più profondo e sacro. Pertanto, se lo consideriamo o meno un tarocco dipenderà dalla visione del mondo, dall'uso e dalla definizione a cui ci riferiamo in relazione a questa parola. Durante il Rinascimento non esisteva un canone di 78 carte, le allegorie variavano come i materiali. I canoni furono stabiliti soprattutto dopo la comparsa dei Tarocchi di Marsiglia e dei suoi antecedenti durante i secoli XVI-XVII.

 

Sono sopravvissute almeno sette diverse versioni delle immagini dei Tarocchi di Mantegna create tra il XV e il XVII secolo, ma solo tre di esse sono complete delle 50 immagini che lo compongono: la versione E italiana, la versione S italiana e la versione E Ladenspelder tedesco. La versione originale è la Serie E italiana, come confermano le fonti, per la qualità delle sue incisioni e la coerenza della sua iconografia, anche se esistono autori che hanno indicato la Serie S come precedente.

 

Indipendentemente dal loro attuale utilizzo, molti mazzi di tarocchi possono essere considerati opere d'arte, al pari di linguaggi visivi per le loro qualità di trasmettere messaggi e idee attraverso le loro immagini. Mi sembra tuttavia che solo due tipi di mazzi tra le migliaia di tarocchi funzionino come sistemi simbolici complessi: i Tarocchi di Mantegna, Serie E italiana del XV secolo, e i mazzi della tradizione Marsigliese. Questo per l'intera struttura, la numerazione, le allegorie, i caratteri, i simboli e i dettagli di tutte le carte interconnessi in modo coerente e simmetrico, poiché funzionano come un tutto interrelato, in cui le immagini e i loro dettagli risuonano tra loro sia visivamente che concettualmente: una carta rimanda ad altre, e la carta con il valore numerico più alto riassume in modo eccezionale l'intero insieme: PRIMA CAVSA nel caso dei Tarocchi di Mantegna, e LE MONDE nei Tarocchi di Marsiglia.

 

Ad esempio, le carte 1 per MISERO e 38 per CHARITA (Carità) nella Serie E dell'originale Mantegna: i personaggi compiono lo stesso “mudra” o gesto con una delle mani, ma in posizioni opposte che collegano i concetti di entrambi le immagini. Il Misero, infatti, suggerisce la mancanza dirigendo la mano a destra, mentre Carità suggerisce l'abbondanza dirigendo la mano a sinistra. Il Misero ha le braccia incrociate in segno di autoconservazione, mentre Carità ha le braccia aperte, perché ha molto da condividere e da nutrire il mondo, per cui dal suo cuore emana un fuoco che a sua volta rimanda alla carta Speranza e alla carta Artigiano, così come la carta Misero può rimandarci alla carta Fede e alla carta Saturno, tra le altre.

 

Questo particolare delle mani, come molti altri, è scomparso nelle successive versioni del Mantegna i cui autori copiarono le immagini senza comprendere la struttura completa dell'originale: nella versione S le mani non sono nemmeno in posizione opposta e nella Versione Ladenspelder il mignolo del Misero afferra solo la veste.

 

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Un ulteriore esempio è rappresentato dalle le carte FAMEIO (Servitore) e MERCVRIO dove entrambi i personaggi dirigono il viso e il corpo verso sinistra e in posizioni molto simili; soprattutto la posizione dei piedi è praticamente identica, pur con le stesse pieghe. Questo dettaglio trova la sua ragion d'essere nel fatto che il Servitore è figlio di Mercurio, nel senso che comunica, trasporta e serve gli altri, allo stesso modo in cui Mercurio è considerato il messaggero degli Dei.

 
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Molti altri esempi come i precedenti si ritrovano nelle immagini di questo tarocco, mantenendo interrelazioni e straordinaria coerenza iconografica. 
 
Quando ho restaurato le immagini della versione E dei Tarocchi di Mantegna, ho notato piccoli dettagli che non sono visibili a occhio nudo e non si trovano nelle versioni successive del Mantegna 2. Ne è un esempio la rappresentazione del Sole e della Luna nella scena del Cristo crocifisso, che compare nell'ostia sopra il calice che reca in mano l'allegoria della Fede. Per quanto insignificante possa sembrare questo dettaglio, omesso da copisti e incisori di versioni successive, la sua rilevanza iconografica è di fondamentale importanza: si tratta di un simbolismo medievale con radici pagane, documentato fin dal VI secolo 3, legato alle idee di eternità, maestà e potere che evoca la dignità suprema e la volontà divina. La Fede in questo senso alza il calice arrendendosi ai disegni divini.

 

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Parimenti, nel tema PRIMA CAVSA della Serie E, il Sole ha un volto, mentre i quattro elementi dell'astrologia, legati al mondo sublunare del modello tolemaico, sono perfettamente distinti nei primi 4 cerchi concentrici:
 
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Nei Tarocchi di Mantegna detta simmetria e coerenza tra tutte le immagini era pensata in relazione all'idea di creare un linguaggio visivo che fosse immagine del Cosmo, inteso come ordine e dinamica di tutte le cose, in cui ciascuna delle parti sono in relazione tra loro. L'essere umano come microcosmo è il protagonista di questo gioco simbolico che lo conduce verso un processo di trasmutazione alchemica scoprendo i legami tra tutte le cose. Il rapporto di questo tarocco con la tradizione ermetica, platonica, astrologica e alchemica appare evidente nell'iconografia e nel significato delle sue immagini. Le 50 incisioni sono suddivise in 5 serie di 10 carte ciascuna: ogni serie ha cinque carte: A; B; C; D; E che sembrano indicare i livelli del Cosmo legati ai 5 elementi dell'astrologia e dell'alchimia. Ogni carta è numerata da 1 a 50 a indicare una scala mistica di ascesa e discesa attraverso questi livelli del Cosmo:
 
 
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Il contenuto e l'iconografia di questo tarocco denotano il suo stretto legame con il platonismo e l'ermetismo: testi come il Timeo e il Asclepio furono letti dai primi umanisti fin dal XIV secolo e in essi viene sollevata l'idea del Macrocosmo e del Microcosmo. Allo stesso modo alcuni simboli e allegorie dei Tarocchi di Mantegna sembrano ispirarsi al trattato Hieroglyphica di Horapolo, acquisito dai Medici nel 1419, così come ad altri trattati medievali che conservano la tradizione alessandrina dei geroglifici egizi come il Physiologus. Questo ci porta a pensare alla possibile concezione delle immagini di questo tarocco come geroglifici (scrittura sacra) quali immagini del Cosmo. Nella prima metà del XV secolo era disponibile presso gli umanisti anche la traduzione di Leonardo Bruni del Fedro di Platone, che si riferisce ai geroglifici egizi, così come vari frammenti di Clemente Alessandrino sulla scrittura egizia e sul suo uso delle immagini come alfabeto. Marsilio Ficino e poi Giordano Bruno, tra molti altri filosofi e artisti del Rinascimento, espressero la loro ammirazione per i geroglifici egizi, trovando una relazione tra questo tipo di scrittura e la conoscenza del divino, con la memoria e la saggezza. Nel De Magia (1590), Giordano Bruno scrive:

 

“le lettere sacre in uso fra gli Egiziani venivano dette geroglifici... ed erano immagini... tratte dalle cose della natura, o da parti di esse. Servendosi di tali scritture e voci (voces), gli Egiziani erano soliti impadronirsi, con meravigliosa abilità, della lingua degli dèi. In seguito, quando Theut o qualcun altro ebbe inventato le lettere del tipo di cui ci serviamo attualmente con ben altri effetti, si determinò una grave frattura sia nella memoria, sia nelle scienze divine e magiche 4”.

 

Poiché esiste anche un frammento del Candelaio di Bruno in cui i tarocchi sono legati all'arte della memoria 5, è possibile stabilire vari collegamenti tra questi due sistemi di immagini.

 

È vero che la funzione fonetica dei geroglifici egizi fu riscoperta da Champollion fino al 1824, e rimase dimenticata a partire dal III secolo, ma va notato che la tradizione filosofica occidentale ha dato maggiore importanza ad altre qualità di questo antico sistema di scrittura legate all’uso particolare delle immagini, e relegando la sua funzione fonetica. Oggi egittologi di fama come Jan Assmann ammettono che la tradizione filosofica che raggiunse il Rinascimento non era del tutto errata nella sua percezione dei geroglifici egizi, come molti ricercatori pensano, nonostante fraintendimenti ed errori che hanno impedito a lungo la decifrazione di questo sistema 6.

 

Le scritture degli Egiziani, come i Tarocchi di Mantegna, sono immagini di un Cosmo (ordine sacro) dove ogni parte di questo sistema di scrittura assolve a una certa funzione che imita la dinamica dell'Universo e la dinamica di tutti gli organismi viventi intesi come microcosmi. Si giunge a creare così una sorta di alfabeto simbolico che risuona nel nostro immaginario e, memorizzando ogni immagine, si registra nella nostra psiche una visione del mondo sintetizzata, oltre a una serie di contenuti etici, filosofici e di grande saggezza. Le immagini dicono più di mille parole e sono strettamente legate alla nostra memoria. In tal modo funziona l'idea di una scrittura interna di cui hanno scritto filosofi del Rinascimento come Marsilio Ficino o Giordano Bruno.

 

D'altra parte, sembra probabile che i creatori dei Tarocchi di Marsiglia si siano ispirati ai Tarocchi di Mantegna per sviluppare il proprio sistema complesso, poiché hanno ripreso elementi come i numeri romani atipici, e con le scritte dei nomi di ciascuna allegoria, oltre a vari elementi iconografici e connessioni tra tutte le carte che lo fanno anche funzionare come un microcosmo o sistema di scrittura simbolica. Questo è un elemento che non si trova nella stragrande maggioranza dei mazzi in cui le allegorie e i simboli sembrano indipendenti nonostante appartengano allo stesso set; le loro connessioni visive e simboliche sono scarse o la loro simmetria visiva risulta scarsa. I Tarocchi originali del Mantegna del XV secolo, rappresentano l'esempio più antico di questo tipo di sistema simbolico inteso come gioco educativo, sistema di scrittura simbolica e immagine del Cosmo, il cui sfondo sono i geroglifici egizi.

 

Note

 

1 Claudia Corfiati (a cura), Ludovico Lazzarelli. De Gentilium Deorum Imaginibus (5-10), Roma: Centro interdipartimentale di studi umanistici, 2006.

2  Si veda Anuar Zacarias. Tarot Mantegna. History – System – Interpretation, Mexico City: Thot & Seshat ediciones, 2022.

3 Si veda Isabel Ma Labrador González y José Ma Medianero Hernández, Iconología del Sol y la Luna en las representaciones de Cristo en la Cruz, 2004. http://dx.doi.org/10.12795/LA.2004.i17.03

4 Giordano Bruno, De magia (Op. lat., III, pp. 411-2), in Frances A. Yates, Giordano Bruno e la tradizione ermeticaTraduzione italiana di  R. Pecchioli,  Roma-Bari: Laterza, 1969.

5 Si veda Andrea Vitali. Giordano Bruno e i Tarocchi. “Á questo maldetto gioco non posso vencere, perche ho una pessima memoria”. 2009. http://www.letarot.it/page.aspx?id=223

6 Si veda Jan Assmann, Religio Duplex, capitolo «Ideografia».