Saggi Iconologici sui Trionfi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

La Scala Mistica nel 'Sermo de Ludo',

nei cosiddetti Tarocchi del Mantegna e nell'ordine di Bologna

 

Attualmente 224 saggi storici sui tarocchi e 19 saggi iconologici riguardanti gli Arcani Maggiori di Andrea Vitali sono stati oscurati. A titolo di esempio, è reso visibile questo saggio riguardante il concetto di scala mistica presente nell'ordine dei Trionfi in un manoscritto risalente alla fine del sec. XV.  Tutti i saggi saranno disponibili a breve in edizione cartacea.

 

 

Di Andrea Vitali, novembre 2018

 

 

Anonimo - Filippo Piccinelli - Angelo Angeli - Lodovico Pittorio - Evangelista Marcellino -Enea Gaetano Milani - Robert Steele - Francesco Piscina - Pierre Gregoire Francesco Cattani - Anuar Zacarias - Jean Seznec - Enea Gaetano Milani - Girolamo Benivieni - Giotto di Bondone - San Francesco d’Assisi - Sant’Ambrogio - Niccolò da Cusa - Pio II - Francesco del Cossa - Bessarione - Francesco Petrarca - Andrea Mantegna

 

 

Come si conosce per certo, il gioco dei tarocchi nel momento in cui si contemplarono 22 trionfi esprimeva una scala mistica di carattere cristiano. 1 Niente di più utile che trasmettere valori etici e morali attraverso un gioco di carte che assicurava al contempo divertimento e insegnamento. Il numero 22 legato alla divina conoscenza venne ereditato dall’Occidente attraverso un’azione di sincretismo dal mondo orientale dove la Tara Verde, dea della Conoscenza, si esprime attraverso 21 emanazioni e che assieme alla dea forma un complesso di 22 aspetti. Nella tradizione sufica la conoscenza superiore si attua attraverso 21 gradini (Tariqā) il cui inizio è rappresentato ulteriormente dalla condizione di matto.

 

libri canonici dell’Antico Testamento sono 22, numero che nel significato mistico cristiano rappresenta l’introduzione alla sapienza e agli insegnamenti divini impressi negli uomini. Risulta interessante al riguardo notare come i raggi del rosone del duomo di Orvieto siano 22. Il rosone è simbolo del sole e del Cristo stesso in quanto Sol invictus e Sol sapientiae la cui comprensione da parte dell’uomo necessita di 22 stadi di conoscenza.

 

I 22 trionfi si prefiggevano di insegnare all’uomo non credente, espresso dalla carta del Matto come vedremo nel proseguo, il percorso per giungere a Dio. Un percorso composto da gradini rappresentati ciascuno dai singoli trionfi.   

 

Per meglio comprendere tale percorso, ripercorriamo attraverso l’ordine dei trionfi così come riportati nel Sermo perutilis de ludo (Sermone utilissimo sul gioco), 2 il concetto di scala presente in quelle carte. Composto da un anonimo religioso fra il 1450 e il 1500, secondo gli archivisti della Vanderbilt Library dove attualmente si trova, risulta il primo documento conosciuto a riportante i nomi dei 22 trionfi. Nonostante l’ordine espresso evidenzi chiaramente il concetto di scala cristiana, all’anonimo compilatore mancò il giudizio per poterlo esprimere in tal senso, risultando piuttosto una forma di condanna generalizzata di questo gioco, considerato che l’autore valutò la presenza di immagini sacre un insulto verso la Chiesa, come si evince dalle espressioni da lui aggiunte a qualche carta, da apparire in alcuni casi peraltro indecifrabili nel senso. Si tratta infatti di un latino che non si preoccupa di essere in qualche modo imbarbarito da interferenze di carattere popolaresco. Nonostante ciò, il documento risulta di estremo interesse per una compiuta definizione del senso e del valore da attribuire a ciascun singolo trionfo e al loro insieme.

 

 Che certi religiosi del tempo non si fossero resi conto della presenza della scala in quelle carte non deve stupire: molti di essi non erano a conoscenza del concetto Ludendo intelligo (Giocando imparo), come invece espressero diversi altri religiosi in epoca più tarda, come Francesco Piscina che nel 1565 compose il Discorso sopra l’ordine delle figure dei tarocchi 3 in cui troviamo l’affermazione che l’inventore di tale gioco doveva sicuramente essere stato “un buono e fedele seguace della fede Cattolica e Cristiana”, nonché il canonico francese Pierre Gregoire il quale nel 1582 scrisse “Inventi [...] ludi sunt foliorum, in quibus dum luditur, vestigia quoque quaedam eruditionis apparent, ut in Tarotiis” (Furono [...] inventati giochi di carte, nei quali mentre si gioca appaiono anche le tracce di una certa erudizione, come nei Tarocchi). 4

 

Più avanti nel tempo, altri religiosi compresero che informare la gioventù sui valori cristiani attraverso carte da gioco si sarebbe rivelato un espediente straordinario. Ne porterò un esempio nel proseguo.

 

La lettura di questo sermone conferma in modo inequivocabile l’origine cristiana medievale di questo gioco, con buona pace di tutti coloro che ancora oggi, nonostante i documenti che la storia ci ha rivelato, continuano ad affermare un’antichità millenaria di queste carte, senza alcun supporto documentativo.

 

Ma veniamo a quanto il sermone ci informa sull’ordine dei trionfi:   

 

1.  Primus dicitur El bagatella: et est omnium inferior (Il primo si chiama El Bagatella ed è l’inferiore fra tutti). Il Bagatto rappresentava da un lato la carta con valore minimo dal punto di vista ludico e dall’altro l’inferiorità sociale del personaggio raffigurato. Il Bagatella era colui che seppur credendo in Dio a differenza dell’Insipiens (Il Matto), non riteneva necessario osservare alla lettera i comandamenti, concedendosi divagazioni che la Chiesa del tempo considerò peccaminose a tal punto da valutarle come azioni mortali al fine della salvezza eterna. La Chiesa intese dare una connotazione a tale modo di pensare e agire istituendo il peccato bagatella. 5

2.  Imperatrix (Imperatrice). Da porre in relazione con la carta seguente.

3.  Imperator (Imperatore). La presenza dell’imperatore nella vita dell’uomo era fondamentale in quanto rappresentava quel potere politico voluto da Dio per assicurare al suo popolo i beni materiali necessari per l’esistenza. La figura dell’imperatrice era fondamentale in quanto, secondo la Bibbia, occorreva vivere in due sotto la luce del sole come recita l’Ecclesiaste: “Meglio essere in due che uno solo, perché due hanno un miglior compenso nella fatica. 10 Infatti, se vengono a cadere, l'uno rialza l'altro. Guai invece a chi è solo: se cade, non ha nessuno che lo rialzi. 11 Inoltre, se due dormono insieme, si possono riscaldare; ma uno solo come fa a riscaldarsi? 12 Se uno aggredisce, in due gli possono resistere e una corda a tre capi non si rompe tanto presto”. L’imperatore doveva quindi dare il buon esempio al popolo affiancando a sé la propria moglie.

4.  La Papessa. O miseri quod negat Christiana fides. (La Papessa. O meschini, è cosa che la fede cristiana afferma non esistere). Qui il buon religioso interpretò la Papessa come la papessa Giovanna, che oggi sappiamo essere un’invenzione della riforma protestante per evidenziare come a Roma anche le donne potevano assurgere al trono pontifico, cosa ovviamente ritenuta blasfema. In realtà, qui la Papessa rappresenta la fede cristiana così come la ritroviamo in moltissime raffigurazioni, a iniziare dalla Fides dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni a Padova.  

5.  El papa. O pontifex cur, &c. qui debet omni sanctitate polere, et isti ribaldi faciunt ipsorum capitaneum. (Il papa. O pontefice perché, ecc., a lui si deve ogni santità, e questi ribaldi ne fanno il loro capitano). Anche in questo caso, per un atteggiamento di parità con i rappresentanti del potere temporale, la papessa, ovvero la fede cristiana, doveva essere presente accanto al suo testimone più rappresentativo, ovvero il papa. Entrambi concorrevano all’insegnamento dell’esercizio spirituale secondo i dettami dei vangeli. 6

6.  La temperantia (La temperanza). Questa virtù cardinale che insegna a moderare le passioni viene qui posta prima della carta dell’Amore che il Petrarca nei suoi Trionfi intese l’istinto umano tendente alla soddisfazione dei propri piaceri.

7.  L’amore ovvero la ricerca affannosa dei piaceri che devono essere moderati dalla virtù sopra espressa.

8.  Lo caro trionphale vel mundus parvus. (Il carro trionfale ovvero un piccolo trionfo). Alla carta del Carro viene attribuito un minimo valore sulla base del fatto che tutto sotto il sole è vanità, come recita l’Ecclesiaste: “2 Vanità delle vanità, dice Qoèlet, vanità delle vanità, tutto è vanità. 3 Quale utilità ricava l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole? 4 Una generazione va, una generazione viene ma la terra resta sempre la stessa”. Cercare in continuazione allori e gloria e voler assurgere a essi è considerato dall’autore un successo illusorio in quanto ogni uomo è destinato, come ogni cosa, a diventare polvere secondo la Vulgata della Bibbia (Genesi 3:19) “Memento, homo, quia pulvis es et in pulverem reverteris” (Ricordati, uomo, che polvere sei e in polvere ritornerai). Il desiderio di trionfare doveva pertanto essere vinto dalla virtù della ‘forteza’.

9.  La forteza (la forza). In latino fortitudo, è la virtù cardinale ovvero cardine dell’ortodossia cristiana, che insegna a reprimere ogni atteggiamento in grado di condurre sconsideratamente l’uomo a cercare beni illusori terreni. A differenza della temperantia che educa a moderare gli istinti, la fortitudo insegna che l’intelligenza data da Dio all’uomo deve servirgli per comprendere la futilità di ogni trionfo terreno e quindi di non perseguirli laddove la sua intelligenza lo ritenesse necessario ai fine della salvazione.

10.  La rottaid est regno, regnavi, sum sine regno. (La ruota, la quale è regno, ho regnato, sono senza regno). La Ruota di Fortuna, ovvero delle sorti, del fato, del destino, insegna che da un momento all’altro tutti possono cadere nel baratro dell’afflizione sia fisica che materiale. Costatato ciò, poiché la vita umana è preda di un destino che solo Iddio conosce, occorre che l’uomo pensi alla propria anima piuttosto che affannarsi continuamente nella ricerca del benessere terreno.

11.  El Gobbo. (L’Eremita) qui designato come gobbo in quanto trattasi di un vecchio dalla colonna vertebrale consunta. Poiché l’eremita è colui che si allontana dalla società per vivere in solitudine con i propri pensieri, questa carta insegna a meditare sul reale senso della vita e soprattutto a non tradire Dio prima che la morte sopravvenga.

12. Lo impichato. (L’appeso). L’essere appesi per un piede era la pena che veniva comminata nel Medioevo ai traditori. Un memento mori, che voleva insegnare a non tradire Dio prima del sopraggiungere della morte dato che per l’uomo, in caso contrario, si sarebbero aperte le porte dell’Inferno. 7  

13. La Morte. Si tratta della carta che indica la caducità della vita nella sua forma finale. “Vita brevis breviter in brevi finietur, mors venit velociter quae neminem veretur” (La breve vita in breve finisce, la morte arriva velocementee non ha rispetto per nessuno) recita una ballata del Llibre vermell (Libro rosso) di Montserrat.

14. El diavolo. Inevitabile conclusione per chi non ha seguito nella vita l’insegnamento della Chiesa, ricercando solo beni terreni e piaceri senza curarsi della propria anima.

15. La sagitta. (La saetta = la torre). Questa carta, come le successive Stella, Luna, Sole, insegna a guardare il cielo per scoprire, attraverso gli astri, il volere divino o indicazioni di comportamento. Nella visione cosmologica del tempo, sopra la terra erano credute estendersi, ruotando, delle sfere di cui la più alta era rappresentata dalla Prima Causa, cioè la sfera divina. Recependo il volere superiore, il Primo Mobile, lo trasferiva alle sfere sottostanti rappresentate dai pianeti, dal sole e dalla luna e infine dalla sfera di fuoco (Sphaera ignis), il primo cerchio che sovrastava la terra dopo quello delle acque e dell’aria, da cui Dio traeva il fuoco per distruggere sulla terra coloro che lo avevano rinnegato. Un esempio famoso è rappresentato dalla distruzione di Sodoma e Gomorra avvenuta per mano di Dio attraverso fuochi e fiamme.

16.La Stella. Poiché questa carta rappresenta le sfere dei pianeti, secondo la visione cosmologica di stampo aristotelico-tolemaico del tempo, l’essere stata posta prima della luna e del sole risulterebbe un errore, in quanto i pianeti erano collocati più in alto rispetto ai precedenti. Si potrebbe pensare che questa variante si debba al desiderio di posizionare il sole vicino al giorno del Giudizio, in quanto astro collegato al Cristo, colui che presiederà a quell’evento finale. Il Piscina, nel suo citato Discorso motiverà tale posizionamento con la necessità di porre per primo il trionfo meno lucente progredendo verso l’alto luminoso con luna e sole che maggiormente risplendono.    

17. La Luna, a cui Dio ha dato la prerogativa di influenzare con il suo moto la terra.  

18. Il Sole, ovvero l’astro da cui la terra trae i benefici per la sua esistenza oltre che essere, come detto, simbolo del Cristo.

19. Lo angelo. (Giudizio Universale). Evento che sarà annunciato attraverso il potente suono di una tromba suonata da un angelo. Un richiamo per tutti gli uomini che nessuno potrà eludere.

20. La justicia. (La giustizia).Sarà attraverso la giustizia, cioè la giusta valutazione delle azioni degli uomini, che l’arcangelo Michele separerà gli eletti dai dannati.

21. El mondo cioe Dio Padre. Solo gli eletti avranno la gioia di vivere in eterno alla presenza del Padre.

0. El matto sie nulla (nisi velint). (Il matto ovvero nulla, a meno che non vogliano [esserlo]). Se quanto scritto dal religioso non permette una chiara decifrazione in quanto velint è verbo plurale, sappiamo che i matti erano considerati, in base alla scolastica, la filosofia cristiana del tempo, coloro che non credevano in Dio in quanto, difettando loro la regione non erano in grado di comprendere le verità rivelate. Poiché per la scolastica occorreva credere in Dio attraverso il ricorso alla ragione, essa accumunò nella categoria dei folli tutti i non credenti anche se dotati di ragione. Nei trionfi la presenza del Matto/Folle acquista pertanto un profondo significato: in quanto possessore di ragione ma non credente, egli poteva divenire non solo un credente, senza la necessità di argomentazioni intellettuali che giustificassero quanto sentiva nel suo cuore, ma anche, attraverso gli insegnamenti espressi da questa scala mistica di trionfi,  'Folle di Dio', condizione che trova la massima espressione nel santo più popolare, cioè Francesco d’Assisi, che fu chiamato “Lo Sancto Jullare e il Sancto Folle di Dio”. Così recita una canzone di Girolamo Benivieni (1453-1542): “Non fu mail el più bel sollazzo / Più giocondo, ne maggiore / Che per zelo e per amore / Di Iesù diventar pazzo. /… / Ognun gridi com’ io grido / Sempre pazzo, pazzo, pazzo”.

 

Poiché l’ordine originale dei trionfi così come espresso in questo sermone vede la Temperanza posta prima dell’Amore a mitigare l’eccesso delle passioni, con la Forza (Fortitudo) dopo il Carro a bloccare l’effimero desiderio di sempre trionfare (Il Carro), e la Giustizia dopo il Giudizio a significare la valutazione delle buone e cattive opere compiute da ciascuno, ci si potrebbe chiedere come mai nell’ordine bolognese le citate virtù siano posizionate assieme dopo il Carro.

 

Possiamo interpretare questo ordinamento come una variante della scala: infatti il Carro è da considerarsi come il Carro della Chiesa e le virtù le ruote del medesimo, secondo quanto documentato fin dal Medioevo. Se ci chiedessimo il motivo dell’assenza della Prudenza accanto alle altre tre virtù, ricordiamo che la carta del Traditore (l’Appeso) venne intesa come la Prudenza. Tuttavia, inserirla assieme alle altre virtù avrebbe creato qualche interrogativo, dato che non tutti all’epoca erano a conoscenza di entrambi i significati.

 

Che le ruote del carro e il carro stesso possedessero significati simbolici edificanti fu abitudine ricorrente fin dall’antichità: il carro di Trittolemo, ad esempio, fu interpretato come “simbolo di teologia, & di Predicatore, che fecondava il mondo”. 8

 

Nel canto trentaduesimo del Purgatorio dantesco, il carro trionfale, in questo caso a due ruote, è da intendersi come il carro della Chiesa, mentre le ruote raffigurano la vita attiva e quella contemplativa.

 

Nel paragrafo “Considerazioni. Della continenza, e castità delli ecclesiastici” così scrive un religioso:

 

"Il carro simboleggia la Santa Chiesa [...] Ma (ahimè) se nella mistica ruota di qualche Ecclesiastico se n’entra il chiodo, che dice Sant’Ambrogio, essere nell’amor impudico, e ne’ suoi sozzi piaceri, resta da quello trafitto, e con scandalo, & amiratione del Secolo, egli se ne resta immobile al camino necessario, e conseguentemente inhabile, & indegno à reggere il carro della Chiesa". 9

 

Così sant’Ambrogio a proposito delle virtù come ruote del carro:

 

"Queste quattro virtù [cardinali] sono quasi quattro ruote nel carro di fuoco, su ’l quale sono innalzati gli amici di Dio, et cotal carro di fuoco non è altro che la conversazione di quelli che amano ardentemente Iddio". 10

 

Allo stesso modo scrive un religioso nel Cinquecento:

 

"Pigliate sopra de voi il giogo mio, ci dice Christo. Il giogo carissimi è di legno, & questo è la consideratione della Croce & passione sua, la quale congionge insieme doi bovi la ragione, & la sensualità & fagli tirare drittamente il carro è sostentato da quattro ruote giustitia, temperantia, fortezza, e prudentia. Et notare che spezzata, che sia una ruota le altre non ponno girare. Si che studiamo tenire tutti quatţro intiere, perche il carro andarebbe in fracasso, & la fatica nostra in tirarlo sarebbe grande & tutta vana, & per difetto nostro non se verificarebbe in noi". 11 

 

E gli esempi potrebbero continuare. L’insegnamento che l’uomo del tempo doveva quindi trarne era di affidarsi alla Chiesa e di ricorrere alle trionfanti virtù nelle occasioni in cui l’anima poteva cedere ai vizi, così da poter essere annoverato fra la schiera dei giusti. Un religioso del Cinquecento descrivendo il “Palazzo dei Vizi”, adorno di statue e bassorilievi così si esprime:

 

"De’ quali giusti vedi le statue, come dell’ingiusti, qui per terra ritratti, & specialmente del primo Angelo, il quale con tanta iniquità, che maggiore non poteva essere, volle farsi eguale a Dio. La su sotto il carro sono i vitii calpestati, come sul carro le virtù". 12  Onde non senza cagione intorno alle facciate del Palazzo de’ vitii trionfano le virtù. 13 

 

Dopo le tre virtù, l’ordine dei trionfi del tarocco bolognese rispecchia appieno la scala mistica descritta dal Sermo de ludo, ad eccezione dell’Angelo che sovrasta il Mondo.

 

La serie di cinquanta incisioni dei Tarocchi del Mantegna rappresenta un caso a parte, speciale, in quanto non si tratta di un vero e proprio mazzo di tarocchi. Un’errata valutazione ottocentesca li attribuì al Mantegna, ma gli odierni storici dell’arte sono concordi nell'assegnarli a un autore ferrarese vicino a Francesco del Cossa che li realizzò verso il 1465. Secondo Brockhaus (1933) queste carte sarebbero state concepite e realizzate a Mantova, in occasione del lungo concilio che si tenne in quella città tra il giugno 1459 e il gennaio 1460, da servire come passatempo per tre insigni personaggi intervenuti ai lavori: i cardinali Bessarione e Niccolò da Cusa, oltre allo  stesso papa Pio II.

 

Scrive lo storico Anuar Zacarias su queste carte come gioco:

 

"La concezione di un Gioco dei Trionfi (tarocchi) durante il Rinascimento era molto diversa da quella odierna. Esistono infatti fonti di quel periodo che suggeriscono che i Tarocchi di Mantegna fossero considerati un Gioco di Trionfi. Una di queste è il manoscritto quattrocentesco del filosofo e poeta Ludovico Lazzarelli che scrive su queste immagini riproducendone ventitré nel De Gentilium Deorum Imaginibus (1471). Nella sua prefazione afferma che: ora mi occupo di quelle che il popolo ignorante e la folla incoscientechiama «trionfi» e macchia con rozzo tatto, le immagini e le forme degliantichi dei: ora disegno con le parole come i pittori con i colori".

 

La tesi del Lazzarelli implica che le immagini dei Tarocchi di Mantegna fossero usate e comunemente note come ‘trionfi’. Tuttavia, per il filosofo e poeta il loro significato era molto più profondo e sacro. 14

 

Questa serie esprime in senso ancor più compiuto il medesimo significato di scala presente nei 22 trionfi dei tarocchi. L’ordine delle figure è diviso in cinque gruppi composti da dieci carte ciascuno, numerate in forma progressiva da I a XXXXX, dal Misero (Folle) alla Prima Causa (Dio Padre): Le condizioni umane - Apollo e le muse - Le arti e le scienze - Gli spiriti e le virtù - I pianeti e le stelle dell’universo.

 

Riguardo il motivo delle arti, delle scienze e degli antichi dei quali gradini della scala, scrive Jean Seznec:

 

"La teologia medievale assegnò all’universo un preciso ordine, formato da una scala simbolica che saliva dalla terra al cielo: dall’alto di questa scala Dio, la Prima Causa, governava il mondo, senza tuttavia intervenirvi direttamente, ma operando ex gradibus, cioè attraverso una serie ininterrotta di intermediari in modo che la sua potenza divina si trasmetteva fino alle creature inferiori, fino all’umile mendicante. Letta invece dal basso verso l’alto, la scala insegnava che l’uomo poteva elevarsi gradualmente nell’ordine spirituale inerpicandosi lungo le cime del bonum, del verum e del nobile e che la scienza e la virtù lo avvicinavano a Dio". 15 "La mitologia tendeva a trasformarsi in una filosofia morale: e non a caso appunto Philosophia moralis è il titolo di un'opera del secolo decimoprimo, attribuita a Ildeberto di Lavardin, vescovo di Tours, che riporta numerosi esempi d'interpretazione allegorica tratti sia dai poeti pagani che dalla Bibbia. Nello stesso tempo però la mitologia tendeva a fondersi anche con la teologia: cosi come, rinnovando la tradizione dei Padri, il genio allegorico medievale scopriva nei personaggi e negli episodi dell'Antico Testamento prefigurazioni della Nuova Alleanza, allo stesso modo esso scopriva nei personaggi e negli episodi della mitologia prefigurazioni della verità cristiana. In effetti, a partire dal secolo decimosecondo, in cui l'allegoria assume la funzione di veicolo universale di ogni manifestazione di “pietas” religiosa, l'esegesi mitologica raggiunge uno sbalorditivo sviluppo. É questa infatti l'epoca in cui Alessandro Neckham connette gli dei del paganesimo con le virtù che, secondo Sant'Agostino, conducono l'uomo alla santa rivelazione cristiana; l'epoca in cui Guglielmo di Conches, commentando il De consolatione philosophiae di Boezio, scopre in Euridice un simbolo dell'innata concupiscenza del cuore umano, e nella guerra dei Giganti contro Zeus la ribellione dei nostri corpi fatti di fango contro l'anima; e ancora l'epoca in cui Bernardo di Chartres e il suo discepolo Giovanni di Salisbury mettono al centro della propria meditazione il politeismo pagano, "non per rispetto verso le sue false divinità, ma perché esse celano in se arcani insegnamenti inaccessibili al volgo. Ma soprattutto è questa l'epoca in cui le Metamorfosi di Ovidio profondono alla sagacia degli interpreti tesori insospettabili di sacrosante verità". 16 

 

Come anticipato, nel proseguo degli anni diversi religiosi compresero l’utilità di comporre giochi di carte con immagini ispirate a personaggi o a valori cristiani. Uno di questi fu l’abate Enea Gaetano Milani da Siena, il quale "per ammaestrare non solo la Nobile Gioventù nelle proprie Case, e ne’ Collegi, e ne’ Seminari, ma ancora le Monache, ed i Religiosi dentro i loro Chiostri, anche senza voce viva di tanti diversi precettori, e senza tanti volumi, ha inventato il mezzo di piacevoli trastulli, e di molti, e varj eruditi giuochi". 17

 

Si trattava di Giuochi santificati e virtuosi che trattavano della storia sacra accanto a quella profana, con la serie dei patriarchi, dei giudici, dei profeti, dei re, con il numero e la qualità dei sacri libri e tanto altro ancora, disposti in caselle su grandi fogli di cui si suggeriva di adornare le sacrestie, i sacri chiostri, le camere e le scuole affinché potessero essere presi dai ragazzi e ritagliati a guisa di carte da gioco:

 

"E questi stessi tagliandosi, si riducono in nobil mazzo di Carte, come l’Autore ha già fatti ridurre, dorate attorno, e colorite, per farsi con esse diversi giuochi […]. Con quanta facilità potranno ora i fanciulli, giuocando, succhiare col latte le Massime della Morale Cristiana, tratte dal più puro, e limpido fonte, ch’è la Sacra Scrittura, alle cui acque da pochi per ordinario si accostano le labbra, o per negligenza, o per isvoglatezza!".

 

Al religioso non mancò poi l’ispirazione di comporre anche con i tarocchi giochi siffatti, manifestando di conoscere molto bene il significato mistico della scala come precedentemente espresso. Leggiamo quanto riportato al riguardo:

 

"Chi può non lodare il buon’ ordine, e disposizione di tante materie situate ne’ lor particolari quadretti? In cima de’ quali quadretti in altre caselle più piccole sono accennate le materie trattate nel corpo delle carte, e sono scritte le marche proprie, e particolari d’ogni carta medesima, così all’Italiana come alla francese, e le lettere grandi e picciol coll’ordine dell’alfabeto, e le sillabe, ed in alcune i numeri per li Trionfi, Tarocchi (giacché per quanto dichiarasi nell’avviso suddetto potrà con esse carte giuocarsi alle Minchiate, ed a qualunque altro giuoco più usato, e dilettevole co’ mazzi di 40. o di 52. o di 97) e giuocando imparare".

 

Se nel Medioevo molti religiosi non furono in grado di comprendere la scala dei trionfi, condannandoli invero come ‘opera diaboli’, altri nel Cinquecento, come abbiamo visto, si espressero in modo contrario scrivendo addirittura quanto ritenevano in testi di larga diffusione. Lo stesso avvenne nei secoli seguenti a conferma di un gioco di carte che oggi per il mondo accademico rappresenta una delle più straordinarie realizzazioni del pensiero umanistico italiano.

 

Note

 

1. Sul significato di scala mistica si legga il saggio omonimo.

2. Il manoscritto, in possesso di Robert Steele, fu dallo stesso pubblicato in Archaeologia or Miscellaneous tracts relating to antiquity. London, second series, vol. LVII, 1900, pp. 185-200. La sezione riguardante il gioco venne così chiamato da Steele A sermo perutilis de ludo, under the sub-heading Ludi Inductio, f. 208. Attualmente si trova alla Vanderbilt University, Nashville, Tennessee. 

3. Francesco Piscina, Discorso sopra l’ordine delle figure de tarocchi. In Monte Regale, appresso Lionardo Torrentino, MDLXV [1565].

4. Pierre Gregoire, Tertia ac postrema syntagmatis juris universi pars. Lugduni, apud Antonium Gryphium, MDLXXXII [1582]. Pars III, liber XXXIX, cap. 4, n.11 “Ludi foliorum qui innoxj, & ludi & lusoris mala”.

5. Oltre al relativo saggio iconologico si legga il saggio storico El Bagatella ossia il simbolo del peccato.

6. Sul fatto che questi due ultimi personaggi fossero situati dopo i rappresentanti del potere temporale si veda Imperatore luna e papa sole.

7. Per una comprensione storica di questa pena si legga il saggio Genia di traditori.

8. Filippo Piccinelli, Mondo simbolico formato d’imprese scelte, spiegate, ed illustrate [...]. In Milano, nella stampa di Francesco Vigone, MDCLXIX [1669]. Indice delle cose notabili, s.n.p.

9. Angelo Angeli, Essemplare di virtù a gli ecclesistici [...]. In Venetia, presso Gio: Giacomo Hertz, MDCLXXIX [1679], p. 454.

10. Uffici di sant’Ambrogio libri tre. Tradotti in lingua toscana dal rev. m. Francesco Cattani da Diacceto. In Firenze, per Lorenzo Torrentino stampator ducale, MDLVIII [1558]. Libro primo, p. 86.

11. Lodovico Pittorio, Homiliario quadragesimale. In Vinegia, appresso Girolamo Scotto, MDLXVI [1566]. “Nel dì dell’Annunciatione”, p. 246

12. Evangelista Marcellino, Della virtù dialoghi dodici [...].In Fiorenza, nella stamperia di Giorgio Marescotti, MDLXXXI [1581]. Dialogo undecimo, p. 193.

13. Ivi. Dialogo decimo, p. 174.

14. Anuar Zacarias. Tarot Mantegna. History, system, interpretation. Mexico City, Thot & Seshat ediciones, 2022.

15. Jean Seznec, La sopravvivenza degli antichi dèi. Torino, Bollati-Boringhieri, 1990, pp. 162-163.

16. Ivi, p. 122.

17. Enea Gaetano Milani, Lettera critica d’un pastore arcade intorno a’ giuochi eruditi pubblicati ultimamente in Venezia presso il Recurti, ed in Pesaro presso il Gavelli. S.d.n.l. I passi riportati si trovano da p. I a p. III. L’autore fu protonotario apostolico e religioso gerosolimitano. Prese parte all’Accademia degli Arcadi con il soprannome di Eresto Eleucanteo.

 

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