Biblioteca Apostolica Vaticana - Stamp. Ferr. IV. 9623 (int.52)
PER MASCHERA
DEL
MATTO DE TAROCCHI
Sonetto
All’Abito all’andar sembra un dappoco
Il Matto de Tarocchi avventurato,
E pure ogn’un lo sa ch’egli è fatato
E noto è a tutti se val molto, o poco!
Qualor ved’egli in periglioso gioco
Fante, Cavallo, Donna, o Re scettrato
Esce destro dal mazzo defilato,
E de Compagni suoi occupa il loco.
Non fa nuocere altrui, perche è dabbene,
Ne ch’egli poi sia ucciso, o Prigioniero
Suo Fato avventuroso anco sostiene.
Non va però per tante doti altero
E umilmente a ognun piega le stiene
Sempre piacevolon, sempre burliero,
Ne qui senza mistero
Sorte il condusse, ei vuol mettervi a parte
Del come ognun debba giuocar sue carte,
Tutta insegnarvi l’arte
Di cansar più pericoli nel Mondo,
E di aver questo, o quel vento fecondo.
Chi non ha il cervel tondo
E ‘l gioco de Tarocchi ha fralle mani,
Mi saprà dir, s’ei da consigli sani.
Con quest’abiti strani,
Con gesti, ei motti un Pazzo e par che sia,
Pur pieno Zeppo è di Filosofia.
Così con allegria
Col suo esempio spacciando va i precetti
Da creder che i Filosofi abbia letti,
Non dico ch’egli detti
Con gravitade di coloro al paro
Che di Zenon le scuole passeggiaro,
No no parlovi chiaro
In chi ha capace, e vasto intendimento
Soave infonde ogni suo insegnamento.
Un ne dirò fra cento,
Che acquistar ponno a lui riputazione
Che è quel che insegna a farla da Minchione:
Certo vi son Persone,
Che lo fanno pur tanto al naturale!
Ma nuoce esserlo tal, fingerlo vale:
Qualor trovisi un tale
Esser caduto in qualche ciampanella,
Faccia il Minchion per non pagar gabella,
E udite un’altra bella,
Se avien che qualcheduno abbia rimorso
D’aver’ i giusti limiti trascorso
Con qualche suo discorso,
Se vuol salvare la pancia per i fichi,
Senza bisogno ch’egli si disdichi,
O in scuse s’affatichi,
Il Matto de Tarocchi stia immitando,
Che qualche carta a quella sub’entrando,
Salva di quando in quando,
E con motti piacevoli, e suoi lazzi
Si finga esser nel novero de Pazzi,
Godrà quel de Ragazzi,
E de Matti distinto privilegio
Di parlar di tutto con dispregio
Senza temere un sfregio,
Ed anzi passerà per bell’umore,
E all’altrui costo potrà farsi onore.
S’un teme disonore
Stando in un crocchio ove son eruditi
Volga tosto discorso, e ‘l Matto immiti
E i motti saporiti
Scambi colle dottrine, e in qualche guisa
Di chi è più dotto facciane la rifa
Notando la divisa
La Parrucca ed il viso; e ogni difetto
E mostri in questo tutto il suo intelletto.
Ma s’uno ha poi diletto
Di quello che le Giovani vezzose
Niegan crudeli, o troppo contegnose;
Le farà men ritrose
Fingendo il Pazzo, ed i piacer soavi
Otterrà più che non i sette Savi:
Cogli Uomini, sì gravi
Non conversa Cupido che è un fanciullo;
Sol si collega a qualche matterullo.
Chi vuol dolce trastullo
Chi vuol usare un libero parlare
E chi vuol riescire in ogni affare
Senza pericolare
E chi ascondere vuol qualche sproposito
Immiti il Matto mio quì di proposito.
Or con questo supposito
Faccia ognun festa al Matto de Tarocchi
Ne lo ponga nel numero de sciocchi.
E ognun voglio che tocchi
Colle mani, che usar ben la Pazzia
Esser dee la miglior Filosofia.