Corso in diretta online con inizio il 2 ottobre 2024
IMAGO STULTITIAE
La follia nell’immaginario medievale e rinascimentale
A cura di Andrea Vitali
Corso unico nel suo genere, sintesi della decennale ricerca compiuta da Andrea Vitali sui diversi aspetti della follia nel Medioevo, che verranno qui evidenziati attraverso testi letterari e poetici, trattati di iconologia e opere di etica morale. Uno spazio sarà dedicato alla pazzia impersonata dal Matto dei tarocchi, l’Insipiens del Salmo 52 condannato dalla Chiesa, punto di inizio e di arrivo della scala mistica cristiana espressa nell’ordine originale dei trionfi.
TEMI
Etimo e significato di pazzia
Il pazzo e i suoi simili
I simboli della pazzia
Follia e “Melancholia”
Saggia pazzia, dilettevole pazzia
La follia in letteratura
Carnevale e follia
Travestirsi da pazzi
Pazzi storici famosi
L’Insipiens ovvero il Matto dei tarocchi
La Divina follia
Nel Medioevo la follia era ritenuta permeare ogni aspetto della vita quotidiana. I primi versi del Canto della Pazzia di Giovambattista dell’Ottonajo (1482-1527), araldo della città di Firenze, riflettono l’opinione comune: “Quel, che la nostra superba pazzía / Punisce nel profondo / Vuol, ch’ oggi noi mostriamo a tutto ’l Mondo / Che ciascuno ha un ramo di Pazzía”.
Il verso dell’Ecclesiaste I,15 “Ciò che è storto non si può raddrizzare e quel che manca non si può contare” seppur tradotto malamente da s. Girolamo con “Infinito è il numero degli stolti”, divenne il punto di riferimento per tutti i religiosi, certi che la follia permeasse ogni essere umano, considerata ancor più l’affermazione di Geremia “Ogni uomo è reso stolto dalla sua sapienza” (X,15). Solo in Dio era la sapienza e negli uomini la stoltezza (X,7-12).
Gli allori e i trionfi, che tanto gli uomini cercavano, sarebbero stati dimenticati poiché l’implacabile tempo avrebbe spazzato via fin le rovine. A cosa sarebbe servito cercare la fama e perseguire le attrazioni del mondo? Pazzo colui che si fosse lasciato suggestionare da tali vanità, poiché, come recita ancora l’Ecclesiaste (I,2) “Vanità delle vanità, tutto è vanità” (Vanitas vanitatum et omnia vanitas), compresa la sapienza dei filosofi, considerato che ogni uomo, nato dalla polvere, nella polvere sarebbe ritornato (Pulvis es et in pulverem reverteris).
Gli uomini più illuminati della Chiesa del tempo considerarono la ricerca del piacere da parte dei credenti come una risposta illusoria alla mancanza e al vuoto di uno stato primigenio di felicità, quello che la Chiesa stessa identificava con l’Eden, il Paradiso perduto.
L’umanità, allontanata da questo, si trovava pertanto a vivere responsabilizzata delle proprie azioni, coercizzata all’interno di una realtà dove vivere implicava pianto, sopportazione e infine morte, senza alcuna certezza del domani, pesantemente schiava di una ruota in grado di colpire chiunque. Il piacere allontanava tali pensieri, poiché per un breve istante l’attenzione era rivolta ad altro. Una risposta alla sofferenza che si sarebbe pagata a caro prezzo, poiché considerata un’insensata follia che avrebbe condotto l’anima alla dannazione. “Stolto è chi non vuol la Chiesa per Maestra” diverrà uno dei principi dimostrabili della fede cristiana, benché i ministri della stessa Chiesa fossero anch’essi folli, se si convalida la tesi che tutti gli uomini lo siano.
Accanto all’essere ragionevole, considerato folle poiché non ubbidiva alle leggi divine, esisteva il matto psichico. Di fatto il Medioevo fu l’unico che mostrò verso quest’ultimo una relativa tolleranza: certo il folle era privato dei diritti umani e relegato ai margini della società, ma almeno non era rinchiuso e, in una certa misura, si può dire che fosse accettato dalla società.
Con il Rinascimento iniziò la criminalizzazione della follia, e si cominciò a vedere non la presenza di un altro, una potenza estranea che si impadronisce dell’individuo e si manifesta attraverso di lui, ma, al contrario, l’emergere del lato oscuro nella psiche del soggetto. Come conseguenza si iniziò a ritenere il folle responsabile della sua diversità, con la conseguente reclusione o espulsione dalla comunità.
ANDREA VITALI
Andrea Vitali, storico medievista, musicologo e regista, è considerato in ambito accademico tra i massimi esperti al mondo di storia e iconologia dei tarocchi e di storia del simbolismo.
Negli anni Ottanta ha inaugurato in Italia lo studio iconologico degli Arcani Maggiori e nei successivi quarant’anni di studi sull’immaginario medievale è giunto alla completa decifrazione delle allegorie e simbologie degli antichi mazzi, attività per la quale è riconosciuto come punto di riferimento a livello internazionale. Oltre all'iconologia dei tarocchi si è dedicato alla ricerca storica, con particolare riguardo alla letteratura, all'antropologia, alla religione, alla filosofia e al gioco dei tarocchi dal XV al XIX secolo.
Ha presieduto i comitati scientifici delle più importanti esposizioni realizzate in Italia sull’argomento, e tenuto conferenze sul simbolismo medievale e sull'iconografia allegorica dei Trionfi presso università e Istituti di Cultura italiani e stranieri. Nel 1985 ha fondato Le Tarot, centro di studi e ricerca storica. Ha scritto e curato numerose pubblicazioni e svolto attività di collaborazione scientifica e didattica per diverse Università. Per Umberto Eco: “I saggi iconologici di Andrea Vitali sono il riferimento più autorevole per lo studio dei simboli e delle allegorie degli Arcani Maggiori".
LA STRUTTURA DEL CORSO
Quattro lezioni in diretta (piattaforma Zoom) di 2 ore ciascuna.
Il corso è rivolto a tutti coloro che per esigenze di studio, di professione o per semplice interesse personale intendono approfondire l’argomento.
Non sono richieste competenze specifiche.
DATE E ORARI
Mercoledì 2, 9, 16, 23 ottobre 2024
Orario 20:30 - 22.30
INFORMAZIONI E ISCRIZIONI
info@letarot.it