IL VICOLO - GALLERIA ARTE CONTEMPORANEA
Via Carbonati 16
presenta
I SIMBOLI DEL MEDIOEVO
UN VIAGGIO NELL’IMMAGINARIO DELL’UOMO MEDIEVALE
Relatore: Andrea Vitali, storico del simbolismo
Venerdì 15 febbraio 2019 – ore 20,45
Ingresso libero
I modi mentali dell'uomo del Medioevo impongono un particolare rapporto con le dimensioni del passato, del presente e del futuro. L'uomo medievale prende normalmente in considerazione il passato remoto solo come ricca fonte di avvenimenti sacri: meravigliosi e sorprendenti. Il passato che vale la pena di salvare - solitamente per via orale, più raramente sulla pagina scritta - è quello delle miracolose gesta dei santi e dei martiri, rivissute in termini simbolici, nell'ambito di un impianto mistico e visionario in cui volontariamente si mescolano pochissime notizie storiche e una straripante presenza di leggende e invenzioni: si pensi alla tradizione dei Vangeli, alla Legenda Aurea di Iacopo da Varazze (XIII secolo) e, entrando nell'ambito musicale, alle Cantigas de Santa Maria e, in generale, ai canti dei pellegrini che ci sono pervenuti.
La ‘realtà’ del passato che interessa l'uomo del Medioevo è quella della leggenda, del mito, della nozione simbolica. Questo è l'aspetto del passato che in prima istanza merita di essere tramandato nei testi liturgici, nei drammi sacri, nei racconti intorno al fuoco, sulla pagina scritta. Siamo agli antipodi della nostra moderna scienza storiografica che afferma che ciò che conta ed è vero è solo ciò che effettivamente è accaduto nella realtà del passato.
Ma è soprattutto il presente la dimensione medievale più prodiga di eventi meravigliosi e carichi di significato. In modo analogo al passato, anche la quotidianità del presente non attrae l'interesse degli storici medievali. È invece la connotazione inconsueta ed eccezionale a risvegliare la loro attenzione, in quanto manifestazione dell'ultraterreno.
L'uomo medievale è perennemente impegnato a scrutare e ad interpretare con occhio visionario i dati straordinari forniti dal quotidiano, ad evidenziare le connessioni speculative tra il mondo terreno e il mondo intellettuale. Così, anche gli uomini più colti ponderano gli incantesimi, i sortilegi, i sogni, le apparizioni che turbano i ritmi regolari della vita e della natura. Gli avvenimenti che escono dalla norma possono essere quindi intesi come segni della collera divina assimilata a quella del castigo biblico: piogge di sabbia rossa dell'Africa (il colore del sangue), vini che s'intorbidiscono nei tini, la brina che gela i germog1i, le invasioni delle cavallette.
Sugli stessi criteri è fondato anche il particolare rapporto che l'uomo del Medioevo instaura con il futuro. Spesso i fenomeni straordinari della natura sono intesi come premonizioni, avvertimenti. In quest'ottica, a differenza di oggi, le capacità visionarie e profetiche dell'individuo hanno un’accezione positiva e benefica. Una terribile epidemia di peste, ad esempio, può essere anticipata dall’apparizione di macchie nere sui muri, sulle porte delle case, sulle vesti, sul vasellame. Mentre il cielo della notte diventa una lavagna dove una mente superiore disegna sibillini graffiti di luce, misteriose premonizioni di fatti a venire: eclissi di sole e di luna, aurore boreali, immagini fiammeggianti.
Quando si visitano le chiese romaniche si rimane stupiti di fronte a quei tanti simboli in bassorilievo, pietra o affrescati che impreziosiscono le sacre dimore. La maggioranza delle persone li guarda e va oltre non conoscendo il loro significato. Cosa avranno voluto rappresentare i nostri antenati mettendo, a esempio due leoni davanti all’entrata delle chiese, inchiodati ciascuno da colonne con a volte un cavaliere fra le fauci? Come mai gli occhi dei personaggi raffigurati nei preziosi mosaici ravennati sono così grandi? Perché la maggior parte delle chiese sono rivolte ad Oriente e gli affreschi dell’Inferno si trovano nel lato opposto, nella parte dove si trova l’uscita? E che significato hanno le aureole che circondano le teste dei santi e a volte anche dei diavoli? Nei racconti della nascita di Cristo (Matteo 2 e Luca 2), non si parla affatto di un bue e di un asino, così come nel protovangelo apocrifo di Giacomo. Se ne fa menzione unicamente nello Pseudo-Matteo, che tuttavia fu redatto solo nel VI-VIII secolo. Ciò nonostante, fin dai primissimi tempi, due animali appaiono vicino alla mangiatoia del Bambino Gesù. La domanda che ci si pone è da dove abbiano avuto origine questi due animali e perché mai viene dato ad essi tanto peso? Si consideri inoltre che in molte raffigurazioni in tal senso, l’asino diviene simbolo del diavolo.
A questo incontro seguirà uno stage curato dal prof. Andrea Vitali che si terrà domenica 24 febbraio presso il Vicolo sull’immaginario e i simboli del medioevo e del cristianesimo primitivo (ore 10-18,30).
Per Informazioni
Associazione Culturale Le Tarot
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