Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

Saggi dei Soci e Saggi Ospiti

L' "Inventione de la Croce" - 1633

Dove l'un e l'altro degli amici si scoprono essere tarocchi

 

Andrea Vitali, dicembre 2017

 

 

Il musicista Marcantonio Tornioli visse a cavallo del XVI e XVII secolo. Di lui si hanno pochissime informazioni, se non che ricoprì il ruolo di Maestro di Cappella presso il Duomo di Siena sua città natale e che compose un volume di Canzonette Spirituali a tre voci… libro primo, pubblicate a Venezia nel 1607 e delle Sacrarum Cantionum… liber secundum (il primo è smarrito), per due, tre e quattro voci e continuo, apparse sempre nella città lagunare nel 1617. In una raccolta antologica ora in Germania, appaiono due suoi sacri trii. In pratica, fu uno dei tanti maestri del periodo che produssero musiche dallo stile alquanto semplice destinate esclusivamente alle chiese in cui lavoravano. Alla sua morte venne sepolto a Orbetello nella Chiesa di Sant’Antonio o del Suffragio.

 

Oltre la produzione musicale, diede alle stampe il poema drammatico Inventione de la Croce 1pubblicato nel 1633, dal cui frontespizio veniamo a conoscenza del suo appartenere all’Accademia degli Intronati.

 

La storia è incentrata sulla ricerca della smarrita Santa Croce nascosta in un luogo conosciuto solo a Giuda - ancora vivente per l’occasione - e restio inizialmente a disvelarne il luogo. Incalzato quest’ultimo da Maccario, vescovo di Gerusalemme e da altri, facendo seguito all’ordine impartito dall’Imperatrice Elena, madre di Costantino, affinché Giuda parlasse, dopo lunga insistenza con relativo pentimento, Giuda, anche se sollecitato dal demone Balac a mantenere il segreto, rivelerà il luogo dove la Croce era stata sepolta:

 

Giuda: Non è non è lontano

Quel pretioso ben, che sì ne preme.

Veduto forse havrete

Da le stanze Reali

Non lungi il Tempio a la Ciprigna eretto. (1)

Elena: Ben veduto l’habbiamo,

E stabilito insieme

Farlo gettar da’ fondamenti a terra.

Giuda: Hor quivi sta sepolto

(se però non mentiro

Gl’antichi miei, che me lo rivelaro)

De la Croce sacrata il santo Legno.

Balac: Ha traditor, pur lo dicesti! Ah iniquo

Io farò si, che te ne pentirai 2.

 

(1) Ciprigna = Venere, il cui culto era molto praticato a Cipro.

 

Una volta informati sul luogo e scavato sotto le macerie del Tempio di Venere, si scopersero tre croci. Quale era quella sulla quale sofferse il Salvatore? Elena e Maccario pensarono di far trasportare in quel luogo un giovinetto morto da poco. Postolo sulla prima croce non si ebbero manifestazioni di vita e lo stesso accadde per la seconda, ma appena il giovane venne disteso sulla terza croce egli aprì gli occhi rinato da morte. La vera Croce era stata individuata.

 

Assieme a questa ricerca della Croce, il testo racconta il pensiero degli Ebrei, furiosi e smarriti nel contempo per il fatto che Giuda potesse tradire la loro fede rivelando il segreto, cosa che avrebbe portato a una maggiore diffusione del credo cristiano. Inoltre, troviamo dialoghi fra diavoli e interventi angelici.

 

Nell’opera la parola tarocchi è menzionata nella scena terza del terzo atto laddove due personaggi, nello specifico un Rabbino e Salomone, colloquiano fra loro sulla ricerca dei Cristiani. Di seguito sopraggiunge Isac, praticamente impazzito avendo ricevuto la notizia falsa che la Croce era stata ritrovata. Falsa poiché il ritrovamento avverrà solo verso la fine dell’opera.

 

Personaggi

 

Rabbino, Salomone, Isac ebrei

 

Rab: Lungi non è da noi, troppo `l rimiro

Salomone, il periglio, e lo confesso.
Che dal duol, dal martir vinto potrebbe

Giuda manifestar ù[giu]sta la Croce”.

 

Mentre seguono discussioni fra i due interlocutori sulla necessità di affrontare al meglio tale pericolo, ecco apparire Isac, canticchiando: 

 

Isac. Tara tantara tara

Tumma, catumma, catumma, tummella.
E ch’indugiate ad arrecar soccorso
Al pover Matatia? ah non vedete
Ch’Antioco lo prende per la gola?” 3

 

Salomone e il Rabbino, a queste parole, si rendono conto che l’amico sta vaneggiando, anche perché Isac, scambiando il Rabbino per Giuda, inizia a percuoterlo.

 

Seguono dialoghi a tre:

 

Rab: Isac, ahime, che veggio? hor qual cagione

Si deforme ti rende, e mal trattato?

Isac: Io me n’era scordato.

Si si che sei quel Giuda traditore

Che mi farai dolente à tutte l’hore,

Perche s’è ritrovata al fin la Croce.

Prendi questa e quest’altra. Alza la voce

Rab: Ohime quell’io non sono, hor non conosci

Il tuo Rabbin, da te cotanto amato?

E questo non ti par tanto peccato,

Brutto, triste, poltrone?

Vien, ch’io ti vò condurre alla Ragione?

Sal: Isac, ahime vaneggi.

Qual si grave dolor ti toglie il senno,

Onde non riconosca i tuoi più cari?

Isac: Dimmi, se ’l sai; invidiosi o avari

Terresti tu, che fossero, ò merlotto

Di Giuseppe i fratelli,

Che ‘l vendero a’ Mercanti Ismaeliti?

Sal: Senti, senti, Rabbin, come travia.

Ov’è ‘l suo senno antico,

E in verd’ età la già canuta mente?

1sac: Perfido traditore, e non si pente?
Ti farò in fede mia
Provar qual io mi sia.
Non mi conosci à questa lunga barba,
A questa Mitra, à questi campanelli,
A quest’abito mio sacerdotale?
Mi miri fiso? mi conosci ancora?
Aròn hor non conosci,
Il fratel di Mosè? ridi? ten burli,
Viso di Pappagallo?  
E non te ne disperi,
Perche s'è ritrovata al fin la Croce?
Rab: Il soverchio timore,
O pur finta novella,
Ch' habbia Giuda svelato omai ‘l segreto.
Come t`invola ò miserello il senno!

[…]

Isac: O belle consonanze!

Oh garbato concento!

Chi dice, ch’io non temo, e non pavento?

Arcifanfan d’Allocchi, io so, che sei

Un Astrologo grande, ho meschinello!

Forse non senti de le trombe il suono?

Tan tara tara tan taran tan tara.

Ma non temete più; fate coraggio;

Che doppo ‘l suon, di Ierico le mura

(maraviglia, e stupor) sen vanno à terra.

Rab: Ohime le reni!

Sal: Ohime i miei fianchi! tutto

M’ha infranto. io più non curo andargli appresso.

Rab: Io non m’accosto più, se il ciel mi guardi.

Isac: Ardi pur tu, vecchiaccio tristo, hor ardi

Tu, che lo meritasti?

Perche s’è discoperta al fin la Croce.

Sal: L’imperfetta favella

Ben’ aperto n’addita,

Onde la sua follia tratt’ habbia origo.

” Oh com’ è ver, che la ve [sic] altri si duole
”   
L’animo tutto, ed il pensier si volge!

”   Ivi così s’interna,

”   Che ‘l senso spirital rintuzza, e frange,

”   E toglie di ragion l’uso primiero. 

Isac: Tappa ta, buttasella, ecco ‘l destriero.

Ò buono, ò questo sì, che in fede mia

L’uno e l’altro di voi scuopre tarocchi.

Stò per cavarvi gli occhi.

Havete avanti il savio Salomone,

E non lo riverite? E non gli fate

Il bel trono Reale?

Gente da staffilar co lo stivale;

Chinatevi giù tosto; io vò sedere.

Tu sei un leoncino. e tu non sei

Tutta massiccia una colonna d’oro?

Fermi che vi darò qualche ristoro.

Fermati dico, intender non mi vuoi?

Fermati, stà così, se non t’uccido.

Saresti à sorte la Regina Sabba?

Rab: Fra lo stolto parlar sempre confonde

Le più nobili Istorie

De la Scrittura Santa.

[…] ” 4.

 

I seguenti versi messi in bocca a Isac:

 

“Tappa ta, buttasella, ecco ‘l destriero.

Ò buono, ò questo sì, che in fede mia

L’uno e l’altro di voi scuopre tarocchi”

 

descrivono il sopraggiungere del cavallo di Isac (che poi monterà successivamente) al quale lo stesso Isac assegna la prerogativa di poter scoprire che i suoi due amici sono dei tarocchi, cioè dei pazzi, nel senso che anche un animale lo avrebbe compreso. I sentimenti si invertono: mentre il Rabbino e Salomone ritengono che Isac sia impazzito, quest’ultimo reputa matti gli amici.

 

Il brano risulta, per l’accezione di pazzo qui attribuita alla parola tarocchi, in linea su quanto da noi già precedentemente espresso sul significato della parola ‘Tarocco’ 5.

 

Note

 

1. Inventione de la Croce, Poema Drammatico di Marcantonio Tornioli Senese Accademico Intronato, In Viterbo, Appresso Bernardino Diotiallevi, 1633.

2. Ibidem, p. 148.

3. Matatia (o Mattatia), è il protagonista di un episodio biblico narrato nel Primo Libro dei Maccabei: Matatia era un sacerdote ebreo e in quanto tale simbolo della difesa della fede. Egli, dopo aver ucciso l'apostata preposto al Tempio di Gerusalemme, sconsacrato e adibito a culto pagano dal re Antioco IV, fuggì sui monti intorno a Gerusalemme inseguito dalle milizie di Antioco.

4. Inventione de la Croce, cit., pp. 78-82.

5. Si vedano Tarocco sta per Matto e Il significato della parola ‘Tarocco’.

 

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