Saggi Storici sui Tarocchi di Andrea Vitali

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L'origine astrale dell'Anima

Un mito neoplatonico nell'iconografia di alcune carte di Trionfi

 

Andrea Vitali, novembre 1991

 

 

Si trovano qui riuniti gli scritti sul mito platonico dell’origine astrale dell’Anima estrapolati dai saggi iconologici delle carte della Stella, della Luna e del Sole a cui abbiamo aggiunto il concetto platonico dell’Anima Mundi presente nella carta del Mondo. Questa collazione non sostituisce la necessità di una presa visione delle singole analisi iconologiche delle carte su indicate a cui rimandiamo per una comprensione approfondita di tutti gli elementi iconologici in esse presenti. Trovare riuniti in successione questi scritti può risultare utile a tutti coloro che intendono approfondire personalmente questa tematica, senza dover reperire, all’interno dei singoli studi iconologici, i passi che si riferiscono al mito. Per l’apparato fotografico si rimanda comunque ai singoli saggi.

 
Introduzione

 
La stretta relazione dell'anima con il cielo, punto di origine e di ritorno dell'anima, fu credenza generale nella Physiologia Ionica (V-VI secolo d.C.), ma assunse la sua conformazione decisiva a partire dai miti di Platone descritti nel Fedro e nel Timeo. La presenza di elementi iconografici del mito illustrati nella carta della Stella, della Luna e del Sole nel cinquecentesco foglio Cary testimoniano l'inserimento di una tematica cosmologica di carattere neoplatonico che culminò con la raffigurazione dell'Anima Mundi nella carta del Mondo. Questi modelli iconografici vennero mantenuti in tutta la produzione successiva dei mazzi di tarocchi.

 

La Stella

 

Un cambiamento sostanziale nell'iconografia della carta della Stella si ritrova a partire dal sec. XVI nel foglio Cary, dove una fanciulla nuda è rappresentata inginocchiata nell'atto di versare il liquido contenuto in due brocche in un corso d'acqua sottostante. Sopra di lei, nel cielo, appare una grande stella con quattro altre piccole poste a due a due ai suoi lati. Si tratta di una Naiade, ninfa dei fiumi raffigurata come usualmente descritta nei testi di iconologia del sec. XVI. Una sua splendida raffigurazione si trova dipinta nella Camera di Psiche di Palazzo Te a Mantova.


Ho trovato spiegata questa allegoria nel De Antro Nympharum del neoplatonico Porfirio del secondo secolo dopo Cristo i cui scritti furono oggetto di grande interesse per tutto il Medio Evo. Michele Psello (sec. XI) redasse un compendio dell’interpretazione porfiriana del De Antro, ma la riscoperta di Porfirio avvenne attraverso l'opera dei platonici fiorentini Marsilio Ficino e Pico della Mirandola e fu proprio nel sec. XVI in occasione del fiorire di edizioni a stampa di testi greci del platonismo arricchiti dalle opere attribuite agli antichi teologi - Orfeo, Pitagora, Zoroastro, gli Oracoli Caldei, i testi ermetici - che fu pubblicata la prima edizione a stampa di quest'opera curata dal Lascaris e pubblicata a Roma nel 1518.


Pico della Mirandola nell'Oratio de hominis dignitate lodava di Porfirio la ricchezza e la ‘Multiiuga religio’, mentre Poliziano ne ammirava la Vita Plotini come insieme di storia e oratoria.


Porfirio interpreta l'antro di Itaca descritto nei versi di Omero alla luce di un tema fondamentale del pensiero platonico: la discesa dell'anima nel mondo e il suo ritorno a Dio. I versi di Omero sono i seguenti: "In capo al porto vi è un ulivo dalle ampie foglie: vicino ad un antro amabile, oscuro, sacro alle Ninfe chiamate Naiadi; in esso sono crateri e anfore di pietra; lì le api ripongono il miele. E vi sono alti telai di pietra, dove le Ninfe tessono manti purpurei, meraviglia a vedersi; qui scorrono acque perenni; due porte vi sono, una, volta a Borea, è la discesa per gli uomini, l'altra, invece, che si volge a Noto, è per gli Dei e non la varcano gli uomini, ma è il cammino degli immortali" (§1).


Per Porfirio l'antro diventa la rappresentazione del Cosmo e in questo senso riporta numerose analogie con il culto mitraico; le Ninfe e le api sono le anime; i manti purpurei tessuti dalle Ninfe rappresentano il formarsi del corpo intorno alle ossa, mentre le due porte dell'antro sono le vie di discesa e risalita del percorso cosmico dell'anima.


Ma leggiamo, a questo proposito, cosa scrive Porfirio: “I teologi ponevano negli antri il simbolo del cosmo e delle potenze cosmiche e della essenza intelleggibile... (§9). Con Ninfe Naiadi indichiamo in senso specifico le potenze che presiedono alle acque, ma i teologi designavano tutte le anime in generale che discendono nella generazione. Essi, infatti, ritenevano che tutte le anime si posassero sull'acqua che, come dice Numenio, è divinamente ispirata; egli afferma che proprio per questo motivo anche il profeta disse: "II soffio divino si muoveva sull'acqua" (§10).

 

Numenio, un maestro di Porfirio, cita in questi versi il profeta Mosè che egli paragonava a Platone, il "Mosè che parla attico". Si fa qui riferimento ai versi "... lo spirito di Elohim aleggiava sulla superficie delle acque" tratti dal Genesi (1, 2). Riguardo la formazione delle membra attorno alle ossa Porfirio scrive: «I crateri di pietra e le anfore sono simboli molti adatti alle ninfe che presiedono all'acqua scaturente dalla roccia, e quale simbolo sarebbe più di essi pertinente alle anime che scendono nella generazione e tendono alla creazione del corpo? Perciò il poeta osò dire che su questi telai "tessono manti purpurei, meraviglia a vedersi". La carne, infatti, si forma sulle ossa e intorno a esse, negli esseri viventi le ossa sono la pietra, perché simili a pietra; perciò si dice che anche i telai sono di pietra e non di altra materia; i manti purpurei, poi, sarebbero evidentemente la carne, cioè il tessuto che si forma dal sangue»


Porfirio spiega inoltre per quale ragione le anfore non sono piene di acqua, ma di miele: "I teologi usano il miele in numerosi disparati simboli, perché è una sostanza con molte proprietà, in quanto possiede sia il potere di purificare, sia il potere di conservare... (§15). Pertanto, il miele viene adoperato per purificare, per preservare contro la putredine e come simbolo della forza seduttiva del piacere che induce alla generazione; per questo è appropriato anche alle ninfe dell'acqua, come simbolo della purezza incontaminata delle acque - cui le ninfe presiedono - della loro virtù purificatrice e della loro cooperazione al processo generativo: l'acqua, infatti, coopera alla generazione" (§17).


Le api, come le Ninfe Naiadi, diventano per Porfirio rappresentazione delle anime: "Fonti e rivi sono propri delle Ninfe dell'acqua e ancor più delle ninfe - anime che gli antichi chiamavano specificamente api, perché artefici di piacere. Quindi Sofocle usa un'espressione appropriata quando, riferendosi alle anime, dice "Ronza lo sciame dei morti venendo alla luce" (§18).


Il rapporto anime - api si trova anche in Platone (Fedro, 82 b) il quale accosta le anime temperanti e giuste ad api, vespe e formiche come specie civilizzate nelle quali gli uomini giusti possono reincarnarsi. Le due porte dell'antro di Itaca vengono identificate da Porfirio come le due costellazioni dalle quali l'anima scende nella generazione facendone poi ritorno: "Considerando l'antro immagine e simbolo del cosmo, Numenio e il suo seguace Cronio dicono che ci sono due estremità nel cielo: di esse né una è più a sud del tropico invernale, né l'altra è più a nord del tropico d'estate. Il tropico d'estate è in corrispondenza del Cancro, quello d'inverno in corrispondenza del Capricorno. E poiché il Cancro è oltremodo vicino a noi venne logicamente attribuito alla Luna, che è la più vicina alla terra; il Capricorno, poiché il polo sud è invisibile, venne segnato al pianeta più lontano e più alto di tutti" (§21).


E ancora «I teologi, dunque, considerarono come porte questi due segni, Cancro e Capricorno - quelle che Platone chiamò imboccature - e dissero che di queste due il Cancro è la porta per la quale scendono le anime, il Capricorno quella per la quale risalgono. Il Cancro settentrionale è via di discesa, il Capricorno meridionale è via di risalita. Le regioni settentrionali appartengono alle anime che discendono nella generazione, e quindi giustamente la porta dell'antro volta a nord è accessibile agli uomini; le regioni meridionali non sono luogo degli Dei, ma di chi ritorna agli Dei e proprio per questo il poeta disse che è cammino non di Dei, ma "degli immortali" espressione che si addice anche alle anime, perché sono immortali o in sé o nella loro essenza» (§22-23).


La fanciulla nuda sotto le stelle raffigura quindi una Ninfa Naiade, simbolo platonico di discesa dell'anima nella generazione.

 

La Luna

 

Nel cinquecentesco foglio Cary troviamo un'immagine completamente mutata rispetto alle raffigurazioni miniate quattrocentesche: l'astro sovrasta con i suoi raggi un paesaggio metà acquatico e metà terrestre. Nell'acqua è rappresentato un gambero o cancro, mentre sul terreno collinoso due costruzioni sono poste una di fronte all'altra.


Secondo il pensiero neoplatonico la Luna possiede un duplice aspetto: regno dei morti e luogo di nascita, che dissolve e rigenera i corpi. Il mito si trova descritto in vari testi degli Antichi fra cui nel De facie quae in orbe lunae apparet, di Plutarco: “La Luna appartiene a Persefone, figlia di Demetra che da parte sua possiede la terra; e in essa abitano i buoni dopo la morte del corpo, in attesa della seconda morte. Infatti, l’uomo è composto non di due, ma di tre parti: corpo, anima e intelletto e la reciproca separazione degli ultimi due non è traumatica, come avviene per il distacco del corpo, bensì graduale e pervasa di lietezza. Le anime dei morti contemplano la natura della luna, che corrisponde al loro stato di transizione in quanto è una miscela di elemento terrestre e astrale… Alla fine l’intelletto si separa dall’anima per raggiungere la sede che gli è propria, ossia il sole: e solo le anime rimangono sulla luna, conservando l’immagine del corpo, finché si dissolvono del tutto, rapidamente e facilmente quelle dei buoni e dei sapienti, con lentezza e fatica quelle dei malvagi. Sarà poi la stessa luna a produrre nuove anime, e trasmetterle ai corpi nati dalla terra, fornendole dell’ intelletto che le proviene dal sole” 1.


Questo mito, assai conosciuto nel Cinquecento, ispirò l’Ariosto che nell’Orlando Furioso raccontò come Astolfo dovette recarsi sulla Luna, che si credeva depositaria del senno degli uomini, per recuperare quello di Orlando che era impazzito. Un mito a cui si riferirono senza ombra di dubbio i creatori delle immagini del foglio Cary, dotati di una profonda conoscenza filosofica.


Per Giamblico “Le anime abitano intorno o sotto la luna e di qui scendono nella generazione” 2. Esiste pertanto un percorso continuo fatto di anime nuove che scendono dalla luna verso la terra e di altrettante anime di morti che salgono da questa verso la luna. In questo costante andirivieni, le due torri delimitano lo spazio che separa il regno della Luna governato da Persefone da quello della terra retto da Demetra. Un limite che non può essere valicato se non dalle anime rinnovate o da quelle che lasciano il corpo, ad eccezione dei demoni che scendono dalla Luna sulla terra “per occuparsi degli oracoli, assistere e partecipare ai misteri supremi, fungere da guardiani e vindici delle ingiustizie e rifulgere salvatori in battaglie e sul mare” 3.


Le due torri divengono pertanto come scrive Porfirio, le porte di discesa e di risalita delle anime verso e dalla generazione: il Cancro è la via per la quale scendono le anime e il Capricorno quella per la quale risalgono.


Occorre osservare, a proposito di queste porte, che Porfirio nel De Antro riferisce che i “teologi” (cioè i caldei, gli orfici e i pitagorici) consideravano invece come porte di discesa e risalita rispettivamente quella della Luna e del Sole (§29), una variante che non fu unica: ad esempio per Firmico Materno le anime scendevano dal sole e salivano per la luna 4.


A dimostrazione della conoscenza di questo mito troviamo che nella carta della Luna di Paul Marteau, i cui tarocchi realizzati nel 1930 ebbero il merito di codificare i simbolismi espressi nel Tarocco di Marsiglia, le gocce risalgono dalla terra verso il cielo a rappresentare la salita delle anime, secondo la teoria di Firmico Materno.


Già in Pindaro 5 Persefone è sovrana del ciclo delle rinascite. In Oriente la Luna è madre dell’universo e deposito di tutti i germi 6. Il duplice aspetto della Luna - regno dei morti e luogo di nascita, che dissolve e rigenera i corpi - affonda le sue radici nel fatto che la Luna è l’astro per eccellenza dei ritmi di vita, sottomesso alla legge universale del nascere, del crescere e scomparire: essa è “Il primo morto”.


Kore-Persefone è detta Melitōdēs “dea mielata” già in Teocrito (Idilli,15,94): gli scolii lo interpretano come appellativo eufemistico, perché Persefone, in qualità di Dea sotterranea porta alla vita degli uomini amarezza anziché miele. La Luna, detta melissa “ape”, è l’entità che presiede all’entrata delle anime nella generazione, attraverso la Porta del Cancro, sua casa (De Antro, capp. 22, 28). Nel contesto del De Antro l’epiteto melitōdēs assume una diversa connotazione: se il miele è il piacere della generazione, Kore-Luna è ‘mielata’ perché in essa le anime acquisiscono le facoltà generative 7.

 
Il Sole

 
Nelle carte del Sole di epoca italiana seicentesca come nei cosiddetti Tarocchi di Marsiglia  troviamo generalmente un Sole alto centrale da cui si dipartono gocce solari sopra due fanciulli sottostanti. Tale insieme ci riconduce al mito neoplatonico riguardante la nascita delle anime nella generazione come già descritto a proposito della carta della Stella e della Luna.


Riguardo l’intelletto che viene trasmesso dal Sole alla Luna affinché questa lo fornisca alle anime per nascere sulla terra Plutarco scrive che “Quando il sole con la sua forza vitale nuovamente la feconda del seme dell’intelletto, la luna produce nuove anime e la terra interviene ad offrire il corpo” 8. I due fanciulli rappresentano pertanto i nuovi nati sulla terra, nella loro completezza di corpo, anima e intelletto.

 

 Il Mondo


Nell’ immagine del Mondo di un tarocco italiano del sec. XVI, di cui sono rimaste poche carte, ora al Museo del Castello Sforzesco di Milano troviamo quella variante iconografica che si stabilizzerà successivamente nei Tarocchi di Marsiglia e in tutti i mazzi successivi: una fanciulla pressoché nuda è raffigurata all'interno di una mandorla, circondata dalle figure in forma animale dei quattro evangelisti (Tetramorfo). Si tratta dell'Anima Mundi, rappresentata già da una figura femminile nel manoscritto latino Clavis Physicae composto da Onorio di Autun nel sec. XII, presente presso la Biblioteca Nazionale di Parigi. Questo insieme di disegni e di schemi rappresenta "una delle più perfette espressioni dell'attività immaginativa degli uomini del secolo XII e nel contempo la traduzione fedele di una rappresentazione del mondo legata al sistema platonico, o platonizzato, come l'avevano interpretato i padri greci e il loro discepolo del sec. IX, Giovanni Scoto" 9


L'Anima Mundi, in questo manoscritto, è raffigurata da una fanciulla con due medaglioni posti ai lati del suo capo che racchiudono il Sole e la Luna nelle vesti di un uomo e di una donna che portano una torcia. Essa tiene nelle braccia una banderuola sulla quale è scritto "Vegetabilis in arboribus, sensibilis in pecoribus, rationabilis in hominibus" (Vegetabile negli alberi, sensibile negli animali, razionale negli uomini). Ai quattro lati sono posti dei medaglioni, sorretti ciascuno da tre mani, raffiguranti i quattro elementi. All'interno, ogni medaglione porta scritto le qualità di ciascun elemento. Ai piedi della donna vi è un'altra iscrizione che ricorda le tre facoltà che Platone concede all'uomo: "Rationabilitas, Concupiscibilitas et Irascibilitas".


Guglielmo di Conches, glossando il Timeo (34 c-35 c) afferma che l'anima del mondo è uno spirito o una forza naturale inerente alle cose, che conferisce loro il movimento e la vita. Essa è interamente e integralmente in ogni cosa, ma la sua potenza si esercita diversamente. Essa, posta nel mezzo dell'Universo, dà il movimento agli astri, la vegetazione agli alberi e alle piante, la sensibilità agli animali, la ragione agli uomini.


Nel pensiero di Plotino e di Porfirio la funzione di unificare la materia rendendola armoniosa è affidata all’Anima del Mondo, il principio demiurgico che è sia ricettacolo del corpo del mondo sia il principio che mantiene unito l’universo.


Sulla nudità della fanciulla come raffigurata nella carta osserviamo che per i gnostici come per Porfirio la nudità è simbolo di un ideale da perseguire: è la nudità dell’anima che rifiuta il corpo, veste e prigione, per raggiungere il proprio stato originario per poi risalire alle radici divine. Essa, simbolicamente, è morte al mondo profano, preludio alla rinascita iniziatica ed è quindi purificazione. Nudo è l’iniziato ai misteri e nuda l’anima ascende al divino” 10.

 

Note


1.
Dario del Corno (Introduzione), PlutarcoIl Volto della Luna, Milano, 1991, pp. 37-38.
2. Laura Simonini (Introd., trad. e comm.), Porfirio. L’Antro delle Ninfe, Milano, 1986, p. 176.
3. PlutarcoIl Volto della Luna, cit., 112.
4. Cfr. Silio Italico, Pun., 13, 556.
5. Fr.133 Snell-Maehler.
6. Giovanni Lido De mens. 2.6, 3.4, 4.53.
7. Porfirio, L’Antro delle Ninfe, cit., p. 175. Sulle qualità del miele in riferimento al mito si veda La Stella.
8.
Plutarco, Il Volto della Luna, traduzione di Luigi Lehnus, 1991, p. 114.
9. M. Ch. D'Alverny, Le Cosmos symbolique du XII siecle, in "Archives doctrinale et d'histoire littéraire du Moyen Age", XX, 1953.
10. Porfirio, L’Antro delle Ninfe, cit., pp. 239-240.


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